REM, Out Of Time e la consacrazione da band a mito | Memories

Il 12 marzo 1991 usciva Out Of Time dei REM, il disco della consacrazione

out of time dei REM

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Di Out Of Time dei REM sentiremo parlare per sempre, e ogni volta ci verrà spontaneo premere play e far partire la playlist. Se ogni band ha in catalogo il disco della consacrazione, nel caso dei REM si può parlare proprio di Out Of Time. In quel 1991 in cui le charts sono dominate da Nevermind dei Nirvana – che uscirà nel mese di settembre – la band di Michael Stipe ha già 6 album alle spalle e fino a quel momento si è fatta notare per quel taglio pop-folk che è tipico delle sonorità di Athens, in Georgia, ma ha saputo imporsi con quelle sfumature di rock nervoso che la voce del frontman riesce a malapena a contenere.

Oggi, ben 10 anni dopo l’annuncio dello scioglimento, ci accorgiamo che i REM sono stati fondamentali. La loro musica mette tutti d’accordo, dal punkettaro più riottoso allo zarro in after, e Out Of Time riesce ad essere senza tempo. Il merito è senz’altro di Losing My Religion e Shiny Happy People, due brani tremendamente pop e faziosamente rock. Unici, insostituibili e determinanti. Il rock degli anni ’90 non sarebbe stato lo stesso senza i REM.

Oggi Out Of Time dei REM è il disco più rappresentativo di Michael Stipe e soci. Ancora attuale e rivoluzionario, è la perfetta transizione tra Green (1988) e Automatic For The People (1992). In mezzo, tra il pop e il rock, ci sono le chitarre acustiche strimpellate da Peter Buck che al rock folk impreziosito dal pop aggiunge quel tocco di casa, di conforto e calore che rende i REM la realtà più matura (o una di esse) della scena internazionale degli ultimi 30 anni.

Perché sì, Out Of Time dei REM compie 30 anni e non smetterà di essere così giovane e perfetto, così esemplare nella sua schiettezza e nella continua scoperta che arriva ad ogni riascolto.