5 serie tv che hanno cambiato il modo di raccontare la violenza di genere

Dal tono didascalico ad un approccio senza tabù: ecco 5 serie tv che hanno trattato con coraggio la violenza di genere, l'abuso domestico, il consenso nei rapporti sessuali

5 serie tv sulla violenza di genere

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Nell’epoca storica che più di tutte ha relegato all’audiovisivo il potere e la responsabilità di creare universi di significato e dare forma all’immaginario collettivo, il cancro sociale della violenza di genere ha conquistato spazi inimmaginabili fino a venti o anche solo dieci anni fa. E soprattutto è diventato un tema da sviscerare senza tabù, grazie al fatto che autori e sceneggiatori (e sempre più autrici e sceneggiatrici) si sono incaricati di mettere da parte progressivamente, con tentativi più o meno riusciti nel corso di questi anni, quel tono didascalico, educativo, spesso paternalistico che accompagnava le storie messe in scena dalla tv o dal cinema.

Nell’era dominata dallo storytelling si ha quasi la sensazione che la dignità di una storia le derivi dalla possibilità di essere raccontata (e di essere raccontata bene), e questo è un problema che prima o poi dovremo porci, perché esistono milioni di storie ignorate dal mainstream che non incontrano la ribalta del dibattito pubblico. C’è però un indubbio risvolto positivo in quest’ascesa dello storytelling a strumento di organizzazione del pensiero e veicolazione delle idee: raccontare in modo impattante delle storie ad un pubblico potenzialmente mondiale, grazie alla moltiplicazione dei canali on demand e dell’offerta digitale, ha permesso di affinare le tecniche di scrittura e moltiplicare le prospettive visuali.

Negli ultimi anni la violenza di genere è stata raccontata dalle serie tv in modo molto più sfaccettato del mero, pur importante, inquadramento di vittime e carnefici dei melodrammi tv tradizionali. Si è indagato l’abuso domestico anche dal punto di vista della manipolazione psicologica e degli effetti sulla salute mentale, ma si è usciti dal solo recinto della violenza come sintomo più evidente di un rapporto malato. La violenza di genere è stata affrontata in modi più estesi della sacrosanta condanna del femminicidio: è stato calato nella società, nel mondo del lavoro, nel dibattito pubblico e politico. Si è condannato il victim blaming (noto anche come colpevolizzazione della vittima di violenze), si è spiegato che esiste anche lo slut shaming (lo stigma verso le donne che non si conformano all’immagine ortodossa che la società vorrebbe di loro), si è scoperto che il mobbing è spesso legato alla questione di genere, è stata elaborata una condanna del maschilismo – ancora timida, per carità – declinata sul piano delle diseguaglianze e delle (im)pari opportunità.

Ecco 5 serie tv che di recente hanno contribuito a questo cambiamento della narrazione della violenza di genere, uscendo dal solo piano del pietismo per le vittime.

Unbeleivable (Netflix)

Racconta la vera storia di Marie, adolescente americana abusata sessualmente da uno stupratore seriale, inizialmente accusata di aver sporto una falsa denuncia e non creduta dalla polizia che ha archiviato il suo caso. Solo grazie alla tenacia di due detective che in un altro Stato, seguendo un’altra pista, sono riuscite a rintracciare il violentatore seriale, la sua storia è emersa come un clamoroso caso di victim blaming. Basata sull’inchiesta vincitrice del Premio Pulitzer An Unbelievable Story of Rape apparso su propublica.org, la miniserie è un ritratto feroce di quella che viene identificata come cultura dello stupro, un modo di pensare che tende a minimizzare e normalizzare fenomeni di abuso sessuale facendo ricadere sulla vittima colpe e responsabilità.

Big Little Lies (Sky-HBO)

Con la formula avvincente del thriller, a partire da un omicidio che sconvolge le vite di tre donne di una cittadina californiana, la serie ha il pregio di mostrare come un ambiente borghese e privilegiato possa essere contaminato dalla violenza sessista in modo pervasivo come e più dei contesti più degradati e difficili. L’abuso domestico è raccontato dal punto di vista della vittima rendendo plasticamente le sensazioni di paura, di colpa, di rabbia che si celano sotto una relazione apparentemente idilliaca, così come il calvario fisico e mentale e i dilemmi che sorgono da uno stupro da cui è nata una nuova vita: come tornare a sentirsi sicure, amate, anche soltanto serene dovendo combattere gli effetti di questi traumi?

Nevenka: Rompere il Silenzio (Netflix)

Appena approdata su Netflix, questa docuserie in tre episodi racconta la storia di Nevenka Fernandez, considerata la pioniera del #MeToo in Spagna. La sua vicenda umana è un chiaro esempio di come l’abuso sessuale goda del terreno fertile fornito da una cultura maschilista e misogina: consigliera comunale di Ponferrada, nella comunità autonoma di Castiglia e León, è stata tormentata dal sindaco della città dopo aver avuto una breve relazione con lui. Vittima di molestie sessuali, mobbing, discriminazioni sul lavoro e da parte dell’opinione pubblica, la miniserie affronta temi cruciali come l’incapacità da parte di certi uomini di accettare un rifiuto e di rispettare l’autodeterminazione delle donne, ma anche il pregiudizio che una società bigotta e patriarcale come quella della Spagna del 2000 esercitò nei confronti di una donna che con la sua denunci fece cadere un’amministrazione ma poi fu costretta a scappare dal suo Paese per non subire la colpevolizzazione dell’opinione pubblica.

I May Destroy You (HBO – inedita in Italia)

La storia di Arabella, giovane promessa della letteratura contemporanea considerata “la voce della sua generazione”, è ispirata alla vera esperienza di Arabella Essiedu (interpretata dall’icona #MeToo nel Regno Unito Michaela Coel), che ha subito abusi sessuali quando era sceneggiatrice per la serie Chewing gum. La serie indaga il tema del consenso nei rapporti sessuali, evidenziando come sia semplicistico ridurre la questione allo sterile “basta dire di no” di fronte a fenomeni di abuso di potere o rapporti non consensuali. Non si tratta solo dello stupro perpetrato con la forza bruta: ad esempio, la serie ricorda come anche togliere un preservativo nel bel mezzo del rapporto senza chiedere il permesso sia una violenza sessuale e come tale debba essere considerata. Il tema è sviscerato soprattutto dal punto di vista del dolore che ne consegue, una sofferenza che affligge corpo e mente e che rende la paura dominante sulla vita della vittima. Realistica, molto cruda e dal linguaggio esplicito, riesce ad evitare tanti cliché, risultando brillante e profondamente toccante al tempo stesso.

Sex Education (Netflix)

Questa deliziosa serie inglese sulla scoperta della sessualità da parte degli adolescenti è la dimostrazione che anche il registro della commedia può affrontare con forza e delicatezza insieme il tema della violenza di genere. Sex Education segue le vicende di Otis, un liceale ancora vergine, molto impacciato, che grazie al fatto di essere cresciuto con una madre sessuologa decide di aprire un’attività di consulenza sessuale nella sua scuola con la sua compagna Maeve, di cui finisce per innamorarsi. Ma tra le storie collaterali Sex Education ha saputo anche raccontare cosa significhi subire molestie sessuali e soprattutto riconoscerle, capire di esserne state vittime. Con la vicenda di Aimee e dell’uomo che improvvisamente si masturba dietro di lei sull’autobus mentre sta andando a scuola, la serie affronta lo shock paralizzante che deriva dall’essere aggredite laddove ci si aspetterebbe di essere al sicuro e individua nella solidarietà femminile, con una bellissima scena di sorellanza, uno degli antidoti alla paura.