Le Storie vere di Sanpa, Carmelo dalla Sicilia: Vincenzo mi regalò una cavalla bellissima, si chiamava Beatrice

#sonovivograzieavincenzo: la persona minacciata nella cassetta di Delogu è un mio amico, è un uomo che non si è mai sentito in pericolo


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Facciamo una lunga telefonata con Carmelo, ci chiede anonimato per i motivi che indicherà in fondo a questa intervista. Ha molti ricordi del periodo in comunità, di Muccioli. Alcuni suoi passaggi toccano temi importanti come la cassetta di Delogu, il caso Maranzano, e arricchiscono con nuovi dettagli la narrazione di SanPa.
Ciao Carmelo, allora torniamo indietro nel tempo, torniamo agli anni della droga e di SanPa?
Si. In Sicilia dove stavo c’era una città che purtroppo era già molto avanti con la droga. Non ho mai sofferto di problemi familiari, non riesco a dare una colpa alla famiglia o altro, ma certe volte capita perché hai qualche problema di inserimento e tenti di sentirti più grande facendo qualche passo particolare, finisci in qualche giro di un tuo amico che ha provato lo spinello e subito dopo trovi droghe più pesanti, è così che sono arrivato direttamente all’eroina. Frequentavo una cerchia di amici, ho iniziato a drogarmi a 17 anni. La mia era una famiglia normale, lavoratori. Mio padre ha sempre fatto tutto per me. Non mi mancavano i soldi, non ho mai avuto bisogno di spacciare. Avevo anche un lavoro che riusciva a farmi fare uso di droghe. Potevo procurarmi la droga senza dover essere un delinquente. Non ho mai avuto problemi con la legge.
Per quanti anni sei stato tossicodipendente?
Dai miei 17 anni fino a 23 anni, quando sono arrivato a San Patrignano. Sono stati anni intensi come tossicodipendenza. Sai molti hanno iniziato piano, io invece non ho mai smesso. Altri magari iniziano, poi smettono e pensano di gestire la droga, ma è impossibile gestire la droga.
A quanto arrivavi?
Mi facevo anche 4, 5 volte al giorno.
Come gestivi la tua vita nel frattempo?
La vita regolare era quella, la normalità era essere fatto. Non essere sotto l’effetto di eroina voleva dire astinenza e quindi non stare bene. Facevo un lavoro particolare, guadagnavo 5-6 milioni al mese di lire, facevo l’agente di commercio. Se non ero fatto non riuscivo a lavorare. Quando andavo a lavorare non è che ero strafatto se no mi addormentavo, ma mi facevo una dose giusta per poter stare sereno e riuscire a lavorare.
Quando hai capito che dovevi fermarti?
Ci ho pensato un po’, almeno un paio di anni. Capivo che la situazione alla lunga non era sostenibile. Non stai bene, non riesci a trovare sempre lo spacciatore, poi certe volte stavi male e non potevi lavorare. 
Ti ha aiutato qualcuno?
Devo dire grazie a una ragazza con cui mi ero messo e che non aveva nulla a che fare con la droga. Mi ha aiutato e mi ha spinto a fare questa scelta. Anche mio fratello mi ha aiutato molto. La mia ragazza è anche la mia attuale compagna. Oggi ho 56 anni, stiamo insieme da allora.
E così sei andato a San Patrignano.
Si, avevo conosciuto San Patrignano dai giornali perché in quel momento avevo letto che Vincenzo era sotto l’attenzione della cronaca per la questione delle catene. Ma decisi che volevo entrare. Mi accompagnarono mio fratello e mio zio, feci il colloquio con Vincenzo che solo dopo un mese mi ha fatto entrare. Mi mise in un bellissimo settore, la Scuderia. Era uno dei settori più affascinanti, anche se poi erano tutti belli i settori. La Scuderia era nel periodo del boom, Vincenzo stava investendo molto sui cavalli, un cavallo vinse il Mondiale di Salto a Ostacoli nel ‘92/’93. Era un cavallo bellissimo, aveva gli occhi celesti! Vincenzo voleva portare la scuderia all’apice, costruì due maneggi che ci sono tuttora, uno al coperto e l’altro scoperto.

Cosa ricordi di Vincenzo?
Vincenzo inizialmente è stato una persona abbastanza ‘netta’. Ci diceva chiaramente e prima di ogni cosa, che se tu entravi là, se poi tu volevi andare via lui non ti faceva andare via. Era un discorso chiaro che appoggio pienamente tuttora. Se tu arrivi là, allora vuol dire che fuori da solo non ce la fai. Non ce la fai ad uscirne dalla droga.
Il 95% delle persone che entrano poi vuole andare via. Perché lì ti scontri non con la realtà, ti scontri con te stesso. Ti ritrovi in una Comunità. Ti devi attenere a delle regole precise. Lui in certi casi ti coccolava, ti portava in ufficio da lui, ti portava in giro nella Jeep con lui. È successo più volte con me. 
Quindi stavi bene, avevi accettato il cambiamento?
Dopo un anno circa che ero lì venne a trovarmi la mia ragazza per la prima volta. Allora dopo circa un mese sono scappato. Vincenzo mi aveva affidato la responsabilità di una scuderia dove avevamo 60 cavalli. Io una notte, facevamo dei turni di notte per controllare che qualche cavallo non stesse male, me ne andai a Rimini e da lì me ne tornai in Sicilia e poi in Sardegna in aereo, ma con l’intenzione comunque di rientrare a SanPa. In quella fuga non feci uso di stupefacenti, come faceva l’80% di chi scappava. Io volevo rientrare a San Patrignano. E infatti poi tornai, ma quando arrivai là non mi volevano più riprendere. Sono rimasto un mese fuori dai cencelli di San Patrignano. Dormivo in albergo grazie a mio fratello che “sponsorizzava”. Vincenzo non mi voleva riprendere. Poi nel periodo di Natale mi ha aperto e mi ha fatto una ramanzina davanti a mille persone. Mi ha detto di tutto. Mi ha trattato da irriconoscente. Lui mi aveva anche regalato un cavallo. Mi ha fatto veramente nero, ma a parole. Sono tornato in Scuderia. Mi aveva detto che non dovevo essere più seguito. A me chi mi ha seguito è l’attuale presidente Alex, Alessandro Rodino, devo ringraziarlo. Vincenzo gli disse: ‘Non lo seguire più, se vuole andare via, lasciatelo andare’. Ma grazie a Dio Alex mi ha seguito ugualmente. Dopo tre giorni Vincenzo mi ha portato in giro con lui, mi ha abbracciato, mi aveva accolto un’altra volta.
Perché ti ha regalato un cavallo?
Allora, non ne capivo nulla di cavalli, ma mi piaceva molto la Scuderia. I cavalli nascevano da noi, noi li domavamo all’interno e quelli più importanti poi li portavamo a Pisa. C’erano molti palii in zona, non il palio di Siena ma simili, e a me piaceva correre, montare. C’era una cavallina bellissima che io avevo domato e un giorno Vincenzo mi disse: ‘Questa cavalla è tua!’.
E così l’ho allenata, ho fatto il Palio vicino Rimini, avevo vinto la prima batteria e poi sono arrivato terzo. L’allenavo tutti i giorni. Si chiamava Beatrice. L’allenavo per le gare. Vincenzo me l’ha fatto pesare perché non tutti avevano un cavallo, e lui me l’aveva regalata prima che io scappassi. 
Era proprio una cosa seria questa dei cavalli a San Patrignano.
Sì certo. Andavamo ai pascoli coi cavalli. A volte lui arrivava in Jeep, chiamava il forno, ‘Portateci del pane caldo’, e ci mettevamo a mangiare in campagna. Andavamo spesso a Pisa perché avevamo i nostri cavalli e li andavamo a visitare, 40 persone, pullman, macchine. Eravamo gli “invidiati” in senso buono di San Patrignano, ma non si scherzava, ci alzavamo la mattina alle 6. Avevamo un settore di responsabilità. C’erano cavalli che costavano 200-300 milioni di lire.

Tu hai visto la serie su Netflix?
Sì certo, penso che non è giusto come sia andata a finire. Nessuno nega le catene, ma c’è stato il processo e comunque all’epoca era stato assolto perché agiva in stato di necessità. Il discorso di Vincenzo era: ‘Io ti devo fermare perché tu me l’hai chiesto’. Non perché voleva sequestrarti, ma per evitare che tu andassi fuori a ucciderti. C’è un processo, ci sono gli atti. Non è giusto quello che è stato detto da alcuni come Walter Delogu e altri che sono stati affianco a lui e poi per me l’hanno tradito.
Conoscevi Delogu?
Sì certo, in quegli anni era l’autista di Vincenzo. Oltre a vederlo in comunità andavamo spesso fuori e Vincenzo ci raggiungeva con Walter. Magari rimaneva con noi, andavamo a pranzo insieme. Lo conoscevo benissimo.
Cosa pensi del suo comportamento, delle sue dichiarazioni?
Per me è un approfittatore. Lui era una persona che aveva deciso di andar via perché non gli andava più bene la comunità, be’ anche io sono andato via ma non ho certo chiesto dei soldi e non ho certo tradito chi mi ha dato la vita! Lui dice che era un mezzo mafioncello, lo dice lui, a Milano era rovinato e Vincenzo l’ha salvato. Perché lo tradisci allora? Vuol dire che non sei una persona corretta. Vuoi uscire e fare soldi molto velocemente sulle spalle di una persona che ti ha salvato la vita. Io non lo concepisco. Poi discorso della cassetta, a volte Vincenzo si incazzava ‘Questo qui andrebbe messo sotto terra!’ ma figurati se pensava veramente una cosa del genere. Walter lo conosceva bene e gli ha organizzato una trappola. Per dire, in quella cassetta Vincenzo parla di uno che è Franco Grizzardi, che attualmente è uno dei responsabili di San Patrignano! E Franco non si è mai sentito in pericolo, io lo conosco benissimo. Franco è entrato quando io ero scappato. Era fuori dai cancelli con me in quel mese in cui volevo rientrare. Vincenzo allora usciva fuori con la Jeep e ne faceva salire 3-4 a bordo. Con Grizzardi siamo amici tuttora. Ogni tanto torno a San Patrignano. Franco, quello che doveva essere fatto fuori secondo quella cassetta.
Cosa ricordi del caso Maranzano?
Nel processo io ero uno dei testimoni, per mia scelta, a favore di Vincenzo, ma poi non sono stato utilizzato per volere dell’avvocato. Partivo dalla Sicilia e andavo a Rimini a processo. Maranzano lo conoscevo, era scappato quando ero scappato io. Ricordo che Maranzano mi disse: ‘Guarda che Vincenzo ti riprende’. E aveva ragione. A lui Vincenzo l’ha fatto rientrare 3-4 volte dopo le fughe, lo voleva salvare a tutti i costi. Non parlo per difendere Vincenzo a livello processuale, ti dico la realtà perché l’ho vissuta. Dopo una settimana che era rientrato da una fuga, Vincenzo aveva messo Maranzano a portare il pulmino per Rimini come autista. Facevamo assistenza ai malati di Aids. I ragazzi partivano da San Patrignano la mattina e davano il cambio a chi aveva fatto la notte in ospedale. Ma purtroppo lui usciva fuori e faceva uso di stupefacenti. E poi alla fine è stato messo in Macelleria, un settore più ristretto, e là come responsabile c’era una persona a cui è scappata la mano ed è successo quello che successo.
Perché la tua storia non l’hai raccontata ai tuoi figli e ci chiedi di usare un nome diverso?
Ascolta, se Vincenzo fosse vivo e io dovessi difenderlo oggi, non avrei nessun problema. Se lui avesse bisogno di me domani mattina io partirei subito. Purtroppo io ho una figlia giovane che va seguita. I problemi che c’erano all’epoca ci sono anche oggi. Io da padre ho il terrore. Se lei dovesse venire a sapere, non sarebbe così lucida da dire ‘Mio padre è stato così bravo, lo devo prendere come esempio’. No, mi direbbe: ‘Ah, l’hai fatto anche tu e rompi le palle a me?’. In più ho un’azienda, ho persone che lavorano con me e ho a che fare con gente importante che non sa nulla del mio passato. Devo tutelarmi. Ma se dovessi andare a testimoniare per difendere Vincenzo, lascerei perdere tutto e andrei domani mattina.
Qual è il tuo messaggio oggi per Vincenzo Muccioli?
(Carmelo si emoziona improvvisamente e ci chiede un momento).
Sono passati 30 anni, 31 anni. Vincenzo io ti chiedo scusa a nome di chi ti ha tradito, sappi che io ti voglio bene e molte molte migliaia di persone ti ringraziano e ti vogliono bene per quello che hai fatto per loro. Solo questo.
Grazie Carmelo.
Grazie a voi, questa cosa che fate è bellissima.

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