I Cancelli Del Cielo, il film “maledetto” di Michael Cimino è uno struggente capolavoro tra epica ed elegia

Nel 1980 fu un fiasco colossale, che costò la carriera a Cimino. Rivisto nella versione definitiva del 2012, approvata dal regista, è un film incantevole, moderno e visivamente indimenticabile

I Cancelli Del Cielo

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Va salutata come un evento la proiezione stasera su Rai Movie alle 21.10 de I Cancelli Del Cielo di Michael Cimino, che sarà trasmesso nella versione di 216 minuti restaurata nel 2012 in 4k con la supervisione dello stesso regista, da allora in poi considerata quella definitiva. È difficile esprime un giudizio equilibrato su di un’opera a un tempo leggendaria e maledetta, il più grande fiasco che Hollywood ricordi, con costi che andarono progressivamente gonfiandosi, per la puntigliosità maniacale di Cimino, dagli iniziali 10 milioni di dollari circa a oltre, pare, 44, con incassi risibili al di sotto dei due milioni, che portarono al fallimento della gloriosa United Artists fondata, tra gli altri, da Chaplin e Griffith (anche se secondo alcuni la Transamerica, l’holding finanziaria che aveva rilevato la casa di produzione nel 1967, approfittò della situazione per sbarazzarsi di un ramo d’azienda su cui non aveva più intenzione di puntare, addossando tutta la colpa al flop di Cimino, bollato come megalomane).

I Cancelli De Cielo, per le medesime ragioni, è diventato da allora il simbolo romantico della genialità dell’autore che combatte per perseguire il suo sogno d’artista, insofferente ai lacci e lacciuoli degli executives di un’industria del cinema assetata solo del profitto; e per questa ragione, naturalmente, salutato come un sovrano capolavoro. Da quando uscì nel 1980 il film ebbe una vita molto travagliata: il primo montato di Cimino pare si aggirasse intorno alle 5 ore e mezza, poi ridotte a 219 minuti per la première negli Stati Uniti. L’esito fu pessimo: valga per tutti la celebre recensione di Vincent Canby sul New York Times, che parlò di “un film così sbagliato, da far sospettare che Michael Cimino abbia venduto l’anima al diavolo per ottenere il successo de Il Cacciatore, e che il diavolo sia venuto ad incassare”.

Heaven's Gate [Edizione: Regno Unito] [Edizione: Regno Unito]
  • Kris Kristofferson, Isabelle Huppert, Christopher Walken (Actors)
  • Michael Cimino (Director)

Così Michael Cimino fu costretto a tornare sul montato e ridurlo ulteriormente a 2 ore e mezza. In quel formato scorciato il film arrivo nelle sale, ma ormai, dopo una battente campagna stampa contro, era segnato, e l’insuccesso fu totale. Il che comportò per Cimino, dopo l’enorme exploit de Il Cacciatore, un capolavoro che funzionò al botteghino, piacque alla critica e all’Academy (cinque Oscar, tra cui film e regia), di finire nella categoria degli egomaniaci ingestibili, relegato ai margini dell’industria. Infatti a cercare di recuperarlo non furono gli studios ma Dino De Laurentiis, che gli produsse un altro film parecchio controverso, L’Anno Del Dragone, dopo il quale riuscì a firmare altri soli tre film, con esiti, dal punto di vista degli incassi, sempre più incerti. Non aiutò poi, per l’immagine di Cimino, il fatto che il regista da lì in poi cominciò a manifestare comportamenti sempre più imperscrutabili, sottoponendosi a interventi di chirurgia plastica che ne mutarono profondamente i connotati e anche insistendo nel posporre di parecchi anni la sua data di nascita (in un’intervista con Vanity Fair mostrò al giornalista la fotocopia di un passaporto che riportava il 1952, mentre era nato nel 1939).

Fatta la tara a questa intricata vicenda, la visione de I Cancelli Del Cielo nella versione di 216 minuti credo confermi il fatto che trattavasi di capolavoro. La storia, che nella sceneggiatura originale di Cimino composta all’inizio degli anni Settanta si chiamava The Johnson County War, raccontava a partire da un fatto storico lo scontro nel Wyoming del 1890 tra coloni immigrati provenienti dall’est Europa e i ricchi allevatori i quali, assoldati numerosi mercenari, e con l’avallo della legge, li massacrarono.

Nel bel mezzo dello scontro si trova James Averill (Kris Kristefferson, il cantante country reduce dal notevole successo come attore in Convoy di Peckinpah), sceriffo federale dimidiato tra le sue origini altoborghesi che lo dovrebbero far propendere per i notabili, e il suo animo –  e il senso della giustizia – che lo portano a sposare la causa degli immigrati. Averill ama la prostituta Ella (Isabelle Huppert, invisa alla produzione, per la quale Cimino si batté moltissimo), contesa dall’amico Nathan (Christopher Walken), uno dei mercenari al soldo degli allevatori. Quando i baroni del bestiame guidati da Frank Canton (Sam Waterston) decidono di passare a vie di fatto, preparando una lista di 125 persone da eliminare, Averill capisce che non è possibile più temporeggiare. E anche Nathan, il quale per nascita appartiene alla stessa classe dei poveri immigrati, deve decidere da che parte stare.

È stato sempre giustamente detto che I Cancelli Del Cielo, nel mostrare senza mezzi termini la legge non come giustizia ma come sopruso dei ricchi a danno dei poveri – con una rappresentazione della violenza raccapricciante, secondo quel modello che da Gangster Story in poi, s’era fatto sempre più realistico – metteva in scena un discorso malevolo e profondamente critico sull’evoluzione della storia americana e sul cuore di tenebra del capitalismo (il critico Robin Wood disse che il film si sarebbe potuto intitolare Death Of A Nation, con un gioco di parole che rimandava al capolavoro di Griffith, Nascita Di Una Nazione). Ed è certo questa, corroborata dalla condanna dell’imperdonabile insuccesso, la ragione ideologica alla base della severa accoglienza riservata al film. Accanto a questo però va sottolineato lo sgomento di tanti recensori – e dei pochi spettatori – di fronte a un film che, all’altezza del 1980, puntava su di una struttura narrativa decisamente lontana dallo stile classico, elusiva e frammentata.

Michael Cimino e Kris Kristofferson sul set de I Cancelli Del Cielo

Non è solo il fatto che I Cancelli Del Cielo presentasse due bruschi salti temporali, dal 1870 del prologo con la laurea ad Harvard dei giovani cadetti tra cui Averill, al 1890 del conflitto, sino all’epilogo nel 1903. Cimino infatti, all’interno di uno stile ricercato e solenne, che ricorre al formato panoramico e dettagliatissime scene di massa, punta su una narrazione dalle deboli concatenazioni logiche, in cui i rapporti tra i personaggi – a partire dal triangolo amoroso dei tre protagonisti – non sono immediatamente dichiarati, ma progressivamente svelati, all’interno di un tessuto che lascia volutamente inespresse molte questioni ed evase tante risposte.

Oggi un film come I Cancelli Del Cielo, dopo vent’anni passati a decrittare le sceneggiature cervellotiche costruite come rompicapi di un Christopher Nolan, con i suoi continui andirivieni temporali, sembrerà allo spettatore quasi lineare. Ma nel 1980 era uno dei primi casi di film mainstream, non un’opera d’autore europea di Godard o Alain Resnais, che richiedesse uno sforzo di partecipazione attiva nel pubblico, sollecitato a creare collegamenti che il racconto implicava senza enunciare esplicitamente.

Cosi I Cancelli Del Cielo, a quarant’anni di distanza, risulta un film ancora più moderno, con un linguaggio che suona coerente con gli stili di racconto contemporanei. Michael Cimino, con il supporto insostituibile della fotografia di Vilmos Zsigmond, polverosa e giocata su luci naturali, cadenza un racconto visivamente magniloquente costruito come un affresco, in cui la narrazione più che da meccanismi di causa ed effetto emerge dalle giustapposizioni dei singoli blocchi. E, nel tono insieme epico ed elegiaco che sorregge il film, sono blocchi, singolarmente presi, magnifici: dall’iniziale festa dei cadetti del 1870 con valzer di Strauss che fa pensare, anche per la scrupolosa cura scenografica, a Visconti, alla festa di tutt’altro tono degli immigrati sotto un capannone, frenetica e allegramente caotica al confronto di quella geometricamente coreografata degli altoborghesi; sino alla battaglia in cui il popolo degli immigrati, donne comprese, si ribella ai soprusi ammantati di legalità degli allevatori.

E se, nel passaggio tra i continui rimontaggi, può sembrare che il film di Cimino manchi di coesione interna, basti ricordare che proprio le tre sequenze citate sono organizzate secondo una stessa struttura formale circolare dei movimenti. Il che crea immediatamente dei collegamenti tematici interni: così che la scena di ballo iniziale, coi giovani rampolli che festeggiano l’inizio di una vita che si preannuncia foriera di successi e felicità, si ribalta in quella finale in cui la battaglia mostra cosa ne è stato delle promesse di vent’anni prima. E la prima inquadratura del film, in cui compare un giovane Averill che corre a perdifiato, in ritardo per la cerimonia di laurea, mostra un protagonista già simbolicamente “in ritardo”, come sarà per tutto il film, sino all’epilogo che sarà incapace di evitare.

Come ha scritto Robin Wood nel suo bellissimo saggio sul film, I Cancelli Del Cieloè un’elegia per una possibile America alternativa, distrutta prima di realizzarsi da forze sorte all’interno del capitalismo democratico, e tuttavia fuori del suo controllo”. Cimino costruisce un western atipico, violento, romantico e struggente, supportato da inquadrature di respiro vastissimo, nelle quali la rappresentazione del paesaggio possiede una potenza fordiana, alla quale si aggiunge la capacità propria del regista di approntare calibrate scene di massa che descrivono la vita e i riti delle comunità, qui un mondo di immigrati dell’est Europa quasi antenati dei russo-americani al centro de Il Cacciatore.

Ironia della sorte, il fallimento raccontato, cui soccombono tanto gli individui che l’altro paese possibile, pare quasi specchiarsi nell’epico fallimento commerciale in cui incorse il film, rendendo se possibile ancora più mitici i contorni de I Cancelli Del Cielo, la pellicola passata alla storia per aver affossato una casa di produzione e per aver posto una pietra tombale sulla stagione esaltante e creativa della New Hollywood.