10 Giorni Con Babbo Natale, un mediocre mix tra commedia italiana e fantasy

Dal 4 dicembre su Amazon Prime Video il sequel di “10 Giorni Senza Mamma”. A Fabio De Luigi e Valentina Lodovini si aggiunge Diego Abatantuono. L’ingrediente fantastico esaspera il difetto tipico delle commedie italiane, in difficoltà col racconto della realtà

10 Giorni Con Babbo Natale

Foto di Loris T. Zambelli


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Con l’uscita di 10 Giorni Con Babbo Natale possiamo dichiarare ufficialmente aperto il Natale al cinema. Viene da chiedersi che stagione potrà essere in termini di incassi, vista la chiusura delle sale e quindi l’impossibilità di sfruttare adeguatamente la finestra del periodo vacanziero, che di solito è il momento in cui il comparto dell’industria cinematografica, tra esercenti, produttori e distributori, rifiata dopo mesi di magra. E se il discorso vale in un anno “normale”, figuriamoci in questo disgraziatissimo 2020.

Purtroppo questa è la situazione, così alla fine per il nuovo film di Alessandro Genovesi prodotto da Colorado Film in collaborazione con Medusa si è optato per l’uscita in esclusiva in streaming su Amazon Prime Video, a partire dal 4 dicembre. Decisione sicuramente non indolore, dato che il primo episodio sulle avventure della famiglia Rovelli, 10 Giorni Senza Mamma, s’era un po’ a sorpresa rivelato la commedia italiana del 2019, con incassi piuttosto lusinghieri, 7,5 milioni di euro.

10 Giorni Con Babbo Natale, come il predecessore scritto dallo stesso Genovesi e Giovanni Bognetti, ribalta il punto di partenza. Se nel primo episodio era il capofamiglia Carlo (Fabio De Luigi) il manager indaffarato costretto suo malgrado a occuparsi dei tre figli per l’improvvisa assenza della moglie Giulia (Valentina Lodovini), ora è lei ad essere la professionista senza un attimo di respiro. Carlo, invece, dopo l’atto d’orgoglio delle dimissioni rassegnate nell’altro film da un’azienda in cui non credeva più, è diventato a tempo pieno un “mammo” (così lo definisce la figlia più piccola, lasciandolo sgomento), da due anni senza impiego, in un mondo del lavoro che non offre occasioni a un cinquantenne che vorrebbe rimettersi in pista.

I rapporti a casa sono piuttosto tesi, sia per la frustrazione di Carlo, sia perché a Giulia è stata offerta la possibilità di un avanzamento di carriera, che però prevederebbe il trasferimento in Svezia. Tutto è legato a un colloquio di lavoro a Stoccolma. Carlo, intenzionato a fare il possibile per non spezzare i delicati equilibri familiari, propone a Giulia di accompagnarla, andando tutti insieme in Nord Europa, figli compresi, in un romantico viaggio a bordo del vecchio camper. Durante il tragitto investono un tizio che, con vestito rosso d’ordinanza, asserisce di essere Babbo Natale (Diego Abatantuono). Sebbene sembri uno sbandato, e parecchio smemorato, i Rovelli si fanno intenerire e gli dànno un passaggio fino in Nord Europa, dove ovviamente dice di abitare.

10 Giorni Con Babbo Natale quindi si allontana dall’ispirazione da commedia di costume del primo episodio (che adattava al contesto italiano il film argentino di Ariel Winograd,Mamá se fue de viaje), e la ibrida con il fantasy, così da confezionare una commedia per famiglie “all’americana”. Purtroppo l’innesto dell’elemento fantastico finisce per amplificare quella tendenza, già tipica di tante commedie italiane, a edulcorare il contesto realistico di riferimento. Il che conduce a un film annacquato che smussa qualunque spigolo nel racconto accattivante d’una famiglia che ritrova la sintonia grazie all’intervento magico di Babbo Natale.

In 10 Giorni Senza Mamma, di scrittura più equilibrata, la descrizione del mondo del lavoro di Carlo riproduceva dettagli non eufemistici (la competizione carrierista, i licenziamenti facili, l’allegria obbligatoria del family day aziendale). In 10 Giorni Con Babbo Natale tutto invece annega nella carineria. Il periodo delle feste diventa la scusa per trasformare la casa dei Rovelli in una scenografia da spot, con una fotografia esageratamente carezzevole e le lucine di Natale a ingombrare ogni angolo delle inquadrature. Un décor talmente morbido e conciliante rende lontane e non credibili le tensioni del racconto, che pure parlerebbero di un uomo di mezza età alle prese col fallimento professionale e di una donna in carriera coi sensi di colpa per non essere una buona madre (va dato atto a De Luigi e Lodovini di puntare su di un’interpretazione misurata).

Non aiuta la scrittura sbrigativa dei personaggi secondari, la figlia adolescente modello Greta Thunberg e il ragazzino improvvisamente xenofobo. E nonostante Abatantuono sia a suo agio nei panni di uno svagato Babbo Natale, tutta la parte del road movie in Scandinavia, tra paesaggi innevati “mozzafiato”, piccole crisi esistenziali ed elfi, risulta decisamente troppo consolatoria. Con un finale che richiama una idea di famiglia e dei ruoli maschile e femminile decisamente anacronistica. Finita l’era del cinepanettone, il nostro cinema sta da qualche tempo cercando di capire se una nuova formula da sfruttare a Natale posse essere quella di un fantasy “all’italiana”. Se i risultati sono film come questo 10 Giorni Con Babbo Natale o La Befana Vien Di Notte, lasciateci esprimere qualche perplessità.