David Bowie, The Man Who Sold The World tra Nietzsche e follia | Memories

Il 4 novembre 1970 usciva The Man Who Sold The World, il terzo album di David Bowie che ancora oggi subisce l'ombra di Space Oddity

the man who sold the world di david bowie

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The Man Who Sold The World di David Bowie viene spesso ignorato, o declassato dall’ombra fascinosa di Space Oddity e The Rise And Fall Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars che inevitabilmente, insieme a tanti altri – Heroes non è mica una barzelletta – sono il binomio necessario per ricordare il Duca Bianco.

Sorprendentemente, dopo il suo lancio del 4 novembre 1970, non viene accompagnato da singoli. David Bowie è apatico e svogliato: ha sposato Angela Barnett e sta per diventare padre, ma soprattutto il suo fratellastro Terry ha perso ogni contatto con la realtà per via della sua malattia mentale. Il bassista Tony Visconti e il chitarrista Mick Ronson mettono il pilota automatico e iniziano a lavorare. Lo fanno nel sottoscala di Bowie a Beckenham.

Il risultato è un disco pieno di fantasmi, senza la voglia di volare di Space Oddity. Le chitarre di Ronson sono le vere protagoniste dell’album insieme al basso prepotente di Visconti, quasi un amplesso di strumenti a corde che nemmeno la batteria di Mick Woodmansey riesce a tenere a freno, con la soglia di compressione ridotta al minimo. Un mix che spesso viene criticato per via dei livelli, ma che anche in questo è iconico Lo special della suite The Width Of A Circle sembra la spina dorsale di Master Of Reality dei Black Sabbath perché sì, Ronson e Visconti si perdono in un riff molto heavy e molto Iommi.

Un disco che non si colloca, The Man Who Sold The World di David Bowie: il Duca arriva a fine brano quando tutto è deciso, mette il suo veto e canta. Lo troviamo cupo ed evanescente in After All, quasi delta blues in She Shook Me Cold e ipnotico nella title track. Lo troviamo ispirato dal Superuomo nietzschiano in The Supermen (appunto) e in perfetta forma ogni volta che spinge al massimo la sua voce.