WAP, l’inno al piacere di Cardi B: un brano che parla di sesso, ma dal punto di vista di una donna

Ben vengano le canzoni che aiutano a parlare serenamente di sessualità, ce ne fossero in un paese bigotto come il nostro

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È uscita WAP, la nuova hit di Cardi B. Stavolta è in compagnia di Megan Thee Stallion.

La canzone prende il titolo dall’acronimo che sta per Wet Ass Pussy, letteralmente Figa bagnata fradicia, ma onomatopeicamente, ci ha fatto sapere la rapper con trascorsi da spogliarellista (questa notazione prima o poi va sempre messa in un articolo che parli di Cardi B, togliamoci subito il dente), è anche il suono che le chiappe della medesima farebbero contro il corpo del suo lui durante l’amplesso. Perché di questo parla la canzone in questione, di sesso, e ne parla con i toni e le parole dirette, anche scurrili, diciamolo, con cui in genere i rapper maschi parlando di sesso. Solo che lo fa dal punti di vista di una donna, una donna che rivendica il sacrosanto diritto di godere, al punto che, qui torniamo al titolo, è bene che il suo lui si procuri straccio e mocho perché nello scopare è solita bagnarsi parecchio.

La notizia che un giornalista repubblicano la abbia ripresa, uscito il singolo, suggerendole una visita ginecologica, vista appunta la reazione a suo dire spropositata, il tutto su Twitter, e che la cosa si sia poi ritorta contro il giornalista, sbeffeggiato non solo da lettori comuni, ma anche da esperti del settore, ginecologi, appunto, che hanno sottolineato come una buona lubrificazione è sintomo di salute, non certo di anomalie, e il fatto che molti abbiano suggerito al giornalista in questione di cambiare abitudini sessuali, se la sua compagna non è invece solita bagnarsi, è solo contorno del lancio di un singolo che, per altro, di lancio sembra non aver avuto granché bisogno, visto che con oltre novantatré milioni di streaming nella prima settimana d’uscita è il blockbuster di tutti i tempi, dove per tutti i tempi si intendono questi tempi infausti nei quali il successo di un singolo viene fatto conteggiando gli streaming.

Un certo contributo, capita spesso ai video di Cardi B, come a quelli di Nicki Minaj, che di Cardi B è stata una sorta di sorella maggiore, almeno finché non si sono prese a ceffoni, comunque stessa poetica, stesso look, e anche stessa attitudine nell’affrontare il proprio corpo e le tematiche a sfondo sessuale, o di Iggy Azalea, sorella bianca di entrambe, è venuto grazie alla partecipazione della webstar (influencer o come diavolo la vogliamo chiamare) Kylie Jenner, sorellastra ventitreenne della più famosa, si fa per dire, della webstar (vedi sopra) Kim Kardashian, a sua volta finita dentro il video altrettanto hot di M.I.L.F.$., canzone interpretata dall’ex Black Eyed Peas Fergie. Stavolta, per altro, non fossero state sufficienti le polemiche occorse per il testo del brano e per le tante scene considerate osè del video, c’è stata tutta una polemica collaterale proprio riguardo la partecipazione della Jenner, accusata di volersi appropriare della cultura black, accusa spesso rivolta anche alla sorellastra Kim, moglie di Kanye West. Questa cosa dell’appropriazione culturale, che recentissimamente ha visto colpita anche Adele, comparsa sui social con una foto in bikini e treccioline, bikini che sfoggiava i colori della bandiera giamaicana, sta evidentemente prendendo un po’ troppo la mano agli americani, da oltre cento giorni sotto scacco per la rivolta Black Lives Matter, e ce ne fossero in tutto il mondo, ma che ovviamente faticano come un po’ tutti a distinguere dove e quando applicare il politicamente corretto e quando assolutamente no.

WAP quindi come liberazione sessuale messa in rima, perché quanto a far andare la lingua su barre in metrica stretta, Cardi B, va detto, è una campionessa mondiale, e nel suo caso nessuno ha mai neanche dovuto ricorrere a quella trovatella di dire che in realtà a rappare per lei era un uomo con la voce modificata, sorte capitata appunto a Nicki Minaj ai tempi del suo esordio, Jay-Z indicato come voce nascosta delle sue canzoni.

Ora, è noto, immagino, che da tempo mi interrogo, le interrogo, vi interrogo, ci interrogo sul perché in Italia, da anni, il sesso sia scomparso dall’orizzonte ottico delle canzoni cantate e scritte da donne. Sul perché, cioè, dopo aver tanto detto e fatto negli anni Ottanta, si pensi a quanto gente come Lady Gaga, la stessa Madonna, poi Miley Cyrus hanno avuto modo di attingere all’iconografia regalata a piene mani da personaggi quali Loredara Bertè, Donatella Rettore, Anna Oxa, di colpo, sparati gli ultimi fuochi con la Kamasutra intonata dalle sorelle Iezzi, cioè Paola e Chiara, di colpo siano scese le saracinesche su queste tematiche, i sentimenti a occupare militarmente tutti gli spazi, i corpi nascosti dentro vestiti da marchi cheap, tanti saluti ai corpi e al sesso. Certo, con debite eccezioni, penso a Anna Tatangelo, e non sto parlando tanto della Anna Tatangelo sui social, ovviamente, ma a quella del video ladygaghiano Inafferrabile, penso a Chadia Rodriguez o Miss Keta, che comunque sono di nicchia e possono quindi permettersi delle libertà che nel mainstream sembrano davvero impensabili, penso a Baby K, che però si è ormai ritagliata questo ruolo di hitmaker estiva, andando quindi a depotenziare ipotetici discorsi sul femminile e sulla corporeità, non fosse altro perché le sue canzoni finiscono quasi sempre per fare da sottofondo nei chiringuitos o nei viaggi in macchina. Per il resto se si vuole davvero provare a guardare a qualcuna che giochi col corpo, anche dentro le canzoni, tocca sempre tornare a guardare a Paola Iezzi, da poco fuori con un’altra hit indipendente dal titolo Mon Amour, una canzone che, nel panorama desertico di questa estate post-Covid19, è un’oasi, se non addirittura la campana di vetro dentro la quale infilarsi con la rosa e anche il Piccolo Principe.

Ma torniamo a WAP, canzone che in America ha fatto talmente tanto discutere da aver spinto anche la arrembante politica democratica Aleandra Ocasio-Cortez a usarla come acronimo di un ipotetico movimento politico, sempre su Twitter, rispondendo a un esplicito invito da parte di Cardi B a una prossima candidatura della medesima alla presidenza degli Stati Uniti, ancora deve compiere i trentacinque anni necessari, lì a rispondere “WAP  Woman Against Patriarchy”, andando così a tirare in ballo esplicitamente quel patriarcato che così tanto è diventato, giustamente, oggetto degli strali delle femministe di tutto il mondo.

Ben vengano le canzoni che aiutano a parlare serenamente di sessualità, ce ne fossero in un paese bigotto come il nostro.

Ben vengano i brani che rivendicano un medesimo diritto al piacere da parte delle donne, oltre che un altrettanto medesimo diritto a raccontarlo esplicitamente, sorte che è prima arrivata al porno che alla forma canzone, è storia.

Ben vengano artiste come Cardi B, così radicalmente sessualizzate da riuscire a far parlare di corpi anche nel momento in cui in apparenza parla d’altro, per altro andando a sdoganare un tipo di bellezza sicuramente non affine ai canoni della moda, tanto per tirare en passant in ballo la ormai noiosa vicenda della modella armena Armine Haruyunyan, finita al centro di un dibattito senza fine per essere stata scelta da Gucci come esempio di bellezza internazionale.

Tutto molto bello e entusiasmante. L’unica parte che scricchiola, ma qui qualcuno potrebbe tirare in ballo i gusti personali, sempre che i gusti personali abbiano diritto d’asilo quando si parla d’arte, il bello è oggettivo, al bello si educa, caspita, è proprio la canzone, decisamente non tra le più interessanti sfornate da Cardi B e altrettanto decisamente non all’altezza dell’attenzione che il mondo occidentale sembra averle destinato. Sarà per la prossima volta, ne siamo certi, intanto armiamoci di mocho e stracci e cantiamo tutti in coro WAP.