Molto più di James Bond: Sean Connery, i novant’anni di un intramontabile divo

Oggi è il compleanno dell'attore scozzese, nato il 25 agosto del 1930. Ripercorriamo la carriera straordinaria dell'uomo che è stato James Bond. E molte altre cose ancora

Sean Connery

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Quando guardi Roger Moore, Timothy Dalton, Pierce Brosnan o Daniel Craig nella parte di James Bond, finisci sempre per vedere James Bond. Quando invece a interpretarlo è Sean Connery, accade il contrario. Certo, lui ha avuto il vantaggio di essere stato il primo a incarnarlo, anzi a scolpirlo in una maniera talmente definitiva da imporre uno standard col quale gli altri attori hanno dovuto inevitabilmente misurarsi. Chi sottraendosi al confronto e cercando la chiave dell’ironia, Moore, gli altri adattandosi al modello della superspia virile, dal fascino assassino e a sangue freddo, niente affatto tranquillizzante.

Sean Connery l’antidivo

A pensarci bene, il segreto di Sean Connery, il grande attore scozzese che oggi compie novant’anni, nato il 25 agosto del 1930 a Edimburgo da una famiglia della working class, sta proprio nel suo riuscire a collocarsi in un punto mediano tra la serietà che gli viene dalla sua figura atletica da ex body builder e fotomodello, e la sorniona ironia dell’antidivo che sa indossare persino il proprio proverbiale fascino senza dargli gran peso. Ironia che verrà inoculata anche nel personaggio di Bond: “Col primo regista, Terence Young, ho lavorato parecchio per infondere nel personaggio un po’ di humour: certamente non era nei romanzi che ho letto”, dichiarò.

Neanche alla sua aria da star Sean Connery ha mai dato troppa importanza. “Non c’è niente di speciale nell’essere un attore – ha dichiarato una volta – è un lavoro, come il carpentiere o il muratore. Non ho mai smesso di stupirmi dell’aura mistica che le persone attribuiscono al mio mestiere”. Un tratto questo che è un marchio di fabbrica caratteriale, che forse lui imputerebbe al suo essere, orgogliosamente, scozzese. Il che fa pensare a un altro elemento proprio del suo modo di essere divo: la capacità di emanare il suo magnetico sex appeal persino indossando il kilt, cosa che ha fatto ripetutamente, essendo un fiero sostenitore della causa indipendentista (sul braccio destro ha un tatuaggio che recita “Scotland forever”).

Il giovanissimo marinaio Connery

Dagli inizi a James Bond

Gli inizi di Sean Connery sono abbastanza laboriosi, fa molti mestieri umili e si arruola in Marina, venendo congedato per una grave ulcera. Il terzo posto a Mister Universo nel 1953 è la via che gli permette di accedere al mondo dello spettacolo, per un quinquennio è sotto contratto per la Fox (1957-62), con numerose particine al cinema e in tv. Poi, sebbene il romanziere Ian Fleming preferisca Cary Grant, viene scelto dai produttori Albert Broccoli ed Harry Saltzman per interpretare James Bond. Lì per lì il personaggio non lo entusiasma più di tanto: “Avevo letto solo due romanzi di 007 e trovavo Ian Fleming molto più interessante dei suoi libri”.

“Il mio nome è Bond, James Bond”

La sua vita a 32 anni cambia di colpo. In cinque film, a partire da Agente 007 – Licenza di Uccidere (1962), passando per il film della consacrazione del franchise, Missione Goldfinger (costo 3 milioni, 46 di incasso globali nel 1964) fino a Si vive solo due volte (1967), Sean Connery impone il personaggio dell’uomo invincibile e di mondo, che si trascina con sé un immaginario che mescola emozioni forti da film d’azione, sensualità da avventura esotica con contorno di belle donne (che restano, nonostante tutti gli sforzi di ammodernamento, il contorno del maschio sciupafemmine) e un mirabolante armamentario di gadget tecnologici.

La carriera di Connery deve indubbiamente molto a 007: a sua volta, però, se Bond è divenuto un’icona prossima a festeggiare i sessant’anni di vita cinematografica, molto dipende dall’attore scozzese. Tuttavia, qui c’è sia l’oculatezza dell’interprete che sa amministrare la propria immagine, sia la misteriosa qualità intrinseca del suo carisma, Sean Connery non si fa fagocitare dal personaggio. Perciò, mentre recita la parte dell’agente 007, sperimenta altre corde del suo essere attore.

Insieme a Ian Fleming, il creatore di James Bond

Oltre Bond, un attore a tutto tondo

Sono subito sondaggi importanti: Marnie (1964) di Alfred Hitchcock, nell’ambiguo ruolo di un uomo innamorato d’una cleptomane che, per quanto cerchi di salvarla dalle sue perversioni, in verità mostra di essere attratto dai di lei vizi; La Collina Del Disonore (1965) di Sidney Lumet, agli antipodi dei Bond movie, dramma antimilitarista a tinte fosche e in bianco e nero, così acre da sconfinare nella farsa. È bravo anche nei toni da commedia anarcoide alla Free cinema di Una Splendida Canaglia (1966), ma gli addetti ai lavori sono troppo condizionati da James Bond per dargli credito. Allora nel 1967 Connery abbandona l’Aston Martin e i Martini agitati e non mescolati e si costruisce una carriera d’attore serio a tutto tondo (anche se nel 1971 tornerà a 007 per la parentesi di Una Cascata Di Diamanti).

Con Tippi Hedren e Hitchcock sul set di Marnie

Non più costretto nei limiti della spia dura e amorale, emergono altre sfumature del suo carattere. Alla grandezza del suo tipo fisico Sean Connery accosta un’insospettabile nobiltà d’animo, cui si aggiungono un’impercettibile nostalgia, lo spirito cavalleresco e romantico dell’uomo che sposa cause perse in un mondo senza più senso dell’onore. Mostrare la sua calvizie non ne intacca il sex appeal, al contrario gli aggiunge una nota di maturità e saggezza, che si sposa perfettamente alla disillusione di chi sa di vivere in tempi che non sono all’altezza dei suoi valori.

Agli anni Settanta appartengono alcuni tra i suoi ruoli più belli. Vanno ricordati almeno: I Cospiratori (1970) di Martin Ritt, dove è il leader dei minatori che nella Pennsylvania del 1876 si danno ad atti di sabotaggio per protestare contro condizioni di vita inumane (Connery è spesso un uomo che combatte un’impari battaglia contro il potere). La fantascienza libertaria di Zardoz (1974) di John Boorman, in cui è il guerriero che rovescia il regno degli Immortali, ridando la libertà alla comunità.

Zardoz, vestito così persino il fascino di Connery vacilla

Il Vento E Il Leone (1975) di John Milius, nel ruolo d’un capo berbero con tanto di turbante, che si staglia sullo sfondo del deserto con la sua aria fiera e romantica dell’eroe disposto a tutto pur di salvare la sua gente dal giogo del dominio coloniale. Il colonialismo è sullo sfondo pure de L’Uomo Che Volle Farsi Re (1975) di John Huston, da un racconto di Kipling, con i gaglioffi Sean Connery e Michael Caine che passano per delle divinità agli occhi dell’ingenua tribù d’una sperduta provincia dell’Afghanistan, fino a quando il trucco non viene scoperto, in un film che unisce gusto dell’avventura, ottusità imperialista, il senso della vita come gioco a perdere. Infine l’elegia di Robin E Marian (1976) di Richard Lester, dove è un Robin Hood invecchiato che sopravvive al proprio mito mentre Marion-Audrey Hepburn, stufa di aspettarlo, s’è fatta suora.

La voce profonda di Connery, nel trailer originale di Robin E Marian

Anni Ottanta, la consacrazione dell’Oscar

Nel frattempo Connery si misura anche col sottile dramma psicologico di Cinque Giorni, Una Estate (1982) di Fred Zinneman. Ormai il suo talento ha convinto anche i più riottosi, al punto da consentirgli persino il divertissement di un ulteriore ritorno a James Bond, con Mai Dire Mai nel 1983. Con l’autorevolezza dell’età, cambiano anche i ruoli. Negli anni Ottanta Connery diventa un re (l’Agamennone di Banditi Nel Tempo di Terry Gilliam, 1981) e più spesso un mentore, come nel rutilante Highlander (1986), ne Il Nome della Rosa (1986, il frate-detective Guglielmo da Baskerville, perspicace come Sherlock Holmes), nello scintillante Gli Intoccabili (1987) di Brian De Palma, in cui è Malone, il vecchio poliziotto irlandese che spiega a Eliot Ness-Kevin Costner cosa fare per arrestare Al Capone, il ruolo che finalmente gli fece ottenere l’unico Oscar di una carriera prodiga di successi ma avara di premi.

La lezione del mentore Malone a Eliot Ness

Da quel momento in poi Sean Connery, definitivamente, si trasforma nell’icona di sé stesso. Da tale, con parsimonia, amministra l’autunno della sua carriera, rifiutando anche ruoli vantaggiosi, come il mago Gandalf nella saga Il Signore Degli Anelli e l’Albus Silente di Harry Potter. Giganteggia invece come Riccardo Cuor di Leone in un cameo nel Robin Hood Principe Dei Ladri dell’amico Kevin Costner, si diverte a smontare il suo mito di maschio volitivo nel ruolo del compunto professore di storia padre di Harrison Ford in Indiana Jones E L’Ultima Crociata di Steven Spielberg, si traveste persino da capitano sovietico che comanda un sottomarino in Caccia A Ottobre Rosso. In mezzo a cose più d’occasione, l’ultimo grande ruolo è in Scoprendo Forrester (2000) di Gus Van Sant, ancora un mentore, un romanziere alla Salinger, che l’incontro con un giovane ragazzo di colore aspirante scrittore strappa alla sua misantropia e al suo riserbo.

“Il concetto chiave dello scrivere è scrivere, non è pensare”

Un riserbo leggendario

Il riserbo è una caratteristica fondamentale di questo attore gelosissimo della privacy, “diffidente fino allo spasimo”, come scrisse Oriana Fallaci che riuscì a intervistarlo negli anni rutilanti di James Bond. Il cinema l’ha lasciato nel 2003 dopo La Leggenda Degli Uomini Straordinari, dopo essere stato anche nominato sir dalla regina Elisabetta nel 2000, in una cerimonia in cui si presentò orgogliosamente in kilt. Da molti anni vive alle Bahamas, che sono anche un paradiso fiscale, il che non guasta, in compagnia della seconda moglie, la pittrice francese Micheline Roquebrun, sposata nel 1975, che pare averlo reso monogamo e fedele (mentre la prima consorte, l’attrice Diane Cilento, che doveva aver penato assai, lo ricorda “donnaiolo taccagno e manesco”).

Sir Sean Connery

Fatte salve le rarissime occasioni che hanno a che vedere col suo mestiere – voce e fattezze prestate al videogioco Dalla Russia Con Amore nel 2005, ancora Bond quindi, e doppiaggio nel 2012 del protagonista del film d’animazione Sir Billi, di cui fu anche produttore esecutivo – come passi il suo tempo è un mistero. Forse le sue condizioni di salute sono peggiorate, come dichiarò in un’intervista del 2013 l’amico Michael Caine parlando di Alzheimer, ritrattando immediatamente. Noi speriamo si goda la pensione, che secondo lui è “troppo divertente”, e continui a giocare a golf, “centrando la buca al primo colpo”, come dichiarò il figlio Jason. Un gesto che gli si addice molto. Alla James Bond. O alla Sean Connery.