Lontano Lontano, su Rai Play l’ultimo film con Ennio Fantastichini, una commedia affettuosa e gentile

Da ieri sulla piattaforma il film di Gianni Di Gregorio, su tre pensionati intenzionati a lasciare l’Italia. Un racconto pieno di umanità. E una piccola sinfonia su Roma. È l’ultimo film del bravissimo Fantastichini, scomparso nel 2018

Lontano Lontano

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La riapertura, più teorica che effettiva dei cinema il 15 giugno per ora è poco più d’un esperimento. Pochissimi titoli, nessuno nuovo (i più interessanti, I Miserabili e Favolacce, già lanciati su piattaforme) e con incassi che è meglio non citare, perché invece d’infondere ottimismo mettono angoscia. Nell’attesa del momento in cui potremo parlare di cinema in sala, cioè il 3 agosto, quando uscirà Tenet di Christopher Nolan, per le novità bisogna continuare per ora a rivolgersi alle piattaforme.

Tra queste Rai Play ha una programmazione ricca e stimolante, tra classici e novità. Ha lanciato anche delle anteprime assolute offerte gratuitamente, un blocco di film italiani coprodotti da Rai Cinema. La qualità, a dirla tutta, non è proprio altissima: Tornare di Cristina Comencini e Magari di Ginevra Elkann sono ripiegati su un esangue minimalismo di sentimenti e traumi familiari, che rimanda a certo cinema italiano autoriale medio-mediocre anni Ottanta/Novanta di cui non si sentiva certo la mancanza. E stonato, tra grottesco e ambizioni malriuscite è l’Abbi Fede di Giorgio Pasotti, non necessario remake di un film danese piuttosto presuntuoso di suo, Le Mele Di Adamo.

Da ieri è disponibile sulla piattaforma Lontano Lontano di Gianni Di Gregorio, uscito timidamente a cinema a febbraio e velocemente spazzato via dalle ben note emergenze. E timidezza, gentilezza, inattualità sono le corde del cinema di Di Gregorio, che ha partecipato alla sceneggiatura d’un film durissimo come Gomorra di Matteo Garrone, ma che di suo predilige tinte sì minimaliste ma senza eccessi sentimentalistici, puntando semmai sul bozzettismo affettuoso e su storie di gente comune.

I suoi protagonisti (dall’esordio di Pranzo Di Ferragosto a Gianni E Le Donne) sono persone non più giovani, abbastanza spaesate nel mondo in cui vivono, che trascorrono velleitariamente un quotidiano senza progetti né prospettive. E che nonostante tutto, magari sulla scorta di incontri inattesi che cambiano un po’, non troppo, le carte in tavola, vanno avanti. È il caso anche di Lontano Lontano, in cui i protagonisti sono tre uomini intorno alla settantina, Attilio (Ennio Fantastichini), Giorgietto (Giorgio Colangeli) e il Professore (lo stesso Di Gregorio), i quali godendo – si fa per dire – di pensioni irrisorie, pensano bene di trasferirsi all’estero, dove la vita costa meno.

Chiesto consiglio a un luminare di loro conoscenza, il professor Federmann (Roberto Herlitzka), si decidono per le Azzorre, buon clima, “sistema bancario impeccabile, nessun rischio di maremoti e meduse”, che paiono preoccupare molto il terzetto. Che si organizza, quindi, raggranellando un po’ di soldi qua e là, per il grande salto. Senza affrettarsi troppo, a essere onesti.

Ecco, Lontano Lontano non ha alcuna fretta: la macchina da presa segue lentamente il ciabattare quotidiano di tre perdigiorno che, con tutta evidenza, non hanno combinato nulla di particolarmente memorabile nella vita, che passano il tempo al bar, tra un giornale, una chiacchiera e un bicchiere di vino. Anche il professore, che ha insegnato latino e greco al liceo, ogni tanto sfoggia un po’ di latinorum, ma è molto distante dal modello di quei film che ritraggono inevitabilmente gli insegnanti come dei missionari laici. Più che altro, facendo la lista delle persone importanti della sua vita, si rende conto di quanto sia vuota di affetti autentici.

Di Gregorio, Fantastichini e Colangeli sul set

Paradossalmente, sebbene vogliano lasciare il paese, l’unica cosa che sembra davvero restituire calore a questi tre uomini è la loro città, una Roma (Di Gregorio è un trasteverino) ritratta in una dolce estate perenne, che attraverso le architetture, stradine, negozietti restituisce l’orizzonte di un’esistenza che sarà priva di grandi prospettive, ma si svolge in un teatro ricco di significati, umanità, intimità. Così, con modestia, Lontano Lontano è anche una piccola sinfonia sulla città, di cui indaga anche la periferia – quando Giorgietto e il professore vanno in autobus a Tor Tre Teste sembra stiano intraprendendo un viaggio avventuroso.

Insomma la vera avventura è tutta raccolta nel perimetro di Roma. Il che vuol dire anche le persone che la abitano, soprattutto i nuovi romani. Come il giovane Abu (Salih Saadin Khalid): lui sì ha fatto un grande e rocambolesco viaggio, dal Mali, lungo due anni. E Roma è solo la prima tappa verso il favoloso Canada, per raggiungere il quale però gli mancano i soldi.

La disponibilità all’incontro con l’altro, a lasciarsi sorprendere e cambiare i programmi – l’istinto buono, lo definisce Di Gregorio – è la misura della qualità umana di tre individui non così qualunque. Mette simpatia nella sua fragilità questa storia che termina come una favola, attraversata da un ottimismo sottotono e una malinconia pacificata. Lontano Lontano è pure l’occasione per vedere all’opera per ultima volta un attore grande recentemente scomparso, generoso e in parte sottovalutato, Ennio Fantastichini, che regala al suo arruffone Attilio un’umanità che non si dimentica.