23 anni fa usciva Song 2 dei Blur e noi la stiamo ancora pogando

Damon Albarn voleva fare uno scherzo all'etichetta con un brano che fosse fuori dal mood del disco. L'etichetta approvò


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Song 2 dei Blur e per noi sempliciotti è subito Fifa ’98. Un brano di appena 2 minuti ma che aveva tutti gli ingredienti per scatenare il pogo violento, l’headbanging che spezzava la cervicale, il coro da stadio e la catarsi.

Tutto, in quel brano, è oggi caratteristico: l’intro di batteria di Dave Rowntree con il filtro passa-alto e la compressione a più di 5 punti di ratio, la chitarra in clean di Graham Coxon che sparava quel riff apparentemente disinteressato, poi l’esplosione. Il basso distorto di Alex James era la motosega sonora scandita dagli whoo-hoo della voce di Damon Albarn.

Un brano rimasto senza titolo

Come ogni hit passata alla storia, Song 2 dei Blur ha un suo segreto. Era il giugno 1996 quando i Blur si stavano esibendo all’RDS di Dublino. Alle loro spalle avevano già 4 album e il precedente The Great Escape (1995) conteneva la bellissima The Universal. Si preparavano al lancio della quinta prova in studio, Blur, che sarebbe uscita il 10 febbraio 1997.

Sul palco di Dublino Damon Albarn disse al pubblico: “Questa si chiama Song 2 perché ancora non le abbiamo dato un nome” ma per un motivo mai precisato quel titolo rimase tale.

Graham Coxon raccontò che la canzone nacque da una demo acustica registrata da Damon Albarn su nastro. Quei whoo-hoo che conosciamo inizialmente erano due fischi. L’idea era di creare un brano che fosse totalmente fuori linea rispetto al disco per far impazzire lo staff dell’etichetta e giocare loro uno scherzo. La registrazione di Albarn era lenta e demenziale.

Blur (Untitled) (Remastered Spec.Edt.)
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Il bassista Alex James raccontò a Q che tutto divenne più sensato durante un’improvvisazione tra il chitarrista Graham Coxon e il batterista Dave Rowntree. Il primo aveva allestito due kit per riempire la sala di rumore, il secondo iniziò con un beat molto semplice ma ben sostenuto. Poi arrivò Alex James con il suo basso, attivò il distorsore e Damon Albarn trasformò i fischi originali con i vocalizzi che oggi tutti imitiamo. L’idea originale ricevette dunque un’accelerata.

Con grande sorpresa l’etichetta approvò.

Due tracce di basso, un impatto d’aria

Nella versione registrata in studio il ritornello contiene due tracce di basso che creano un vero e proprio impatto d’aria che ancora oggi sortisce il suo effetto devastante. Una furia, Song 2 dei Blur, alla quale lo stesso Marilyn Manson sembra aver reso tributo nelle strofe di Fight Song.

Sembravano ormai lontani i Blur di Parklife e The Universal: il brano sembrava una parodia delle correnti grunge, secondo alcuni, oppure una presa in giro alle hit decisamente troppo pop e commerciali che le radio trasmettevano.

Con il video di Sophie Muller il pacchetto si completò nel migliore dei modi. I 4 Blur suonavano dentro una stanza e fino al ritornello tutto era calmo. Con l’esplosione i musicisti venivano schiantati contro le pareti dalla potenza sonora in uno stato di caos totale.

Sostanzialmente Song 2 dei Blur è quel brano che nessuno dimentica e che ancora riempie le playlist di chi vuole movimentare la serata: a noi vetusti piace ancora gettarci addosso al prossimo, ancora forti dell’adrenalina degli anni ’90.