Ultras, debutta oggi su Netflix il film di Francesco Lettieri con le musiche di Liberato

Il migliore autore di videoclip della scena indie italiana firma il suo esordio al cinema. Una storia ambientata nel mondo del tifo calcistico, che si snoda in modo troppo prevedibile

Ultras

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Per Ultras era stata organizzata una campagna promozionale che, prima dell’uscita su Netflix il 20 marzo, prevedeva tre giorni di anteprima in sala, dal 9 all’11, ovviamente saltati per l’emergenza Coronavirus. Segno che intorno al film prodotto dalla Indigo Film c’era una certa attesa, soprattutto perché il suo regista, il 35enne napoletano trapiantato a Roma Francesco Lettieri, è l’autore dei migliori videoclip della scena indie italiana, dai Thegiornalisti a Calcutta a, soprattutto, Liberato, che del film ha curato una colonna sonora che spazia dall’elettronica ai classici della canzone napoletana.

Cosa racconta Ultras, la cui sceneggiatura è firmata a quattro mani dallo stesso Lettieri e da Peppe Fiore, che ha lavorato a serie come Non Uccidere e The Young Pope? È la storia del Mohicano (Aniello Arena), vecchio leader del gruppo di tifosi del Napoli degli Apache. Ormai è diffidato e non può più andare a vedere le partite. Soprattutto, superata la boa dei cinquant’anni, è stanco di quella vita, segnato anche dalla morte in uno scontro allo stadio di un amico, il cui giovane fratello ora vorrebbe aiutare a stare lontano dai guai.

L’incontro casuale con Terry (Antonia Truppo) sembra offrigli l’occasione per recidere il cordone ombelicale con la tribù del tifo. Ma è difficile staccarsi da quella che è una seconda famiglia, soprattutto ora che tra fondatori e nuove leve sono sorti dei contrasti circa la gestione del gruppo, che i più giovani vorrebbero spingere in una direzione più apertamente violenta.

Ultras ruota intorno a una storia vista tante volte, quella dell’eroe vecchio e stanco, che dopo tanti errori è in cerca di una seconda occasione e, forse, anche di un perdono. Questa cellula narrativa viene calata nel mondo della fede calcistica. Presentata appunto come tale: il Mohicano dice ai suoi che “Qua c’è gente che si è sbattuta per trent’anni perché ci crede in questo, come crede alla Madonna”. E Lettieri, di conseguenza, incornicia il racconto tra un prologo e un epilogo che si svolgono, entrambi, in una chiesetta sul mare, partendo da un matrimonio e terminando con un’altra funzione religiosa.

Il limite principale di Ultras sta nella prevedibilità: il meccanismo narrativo obbedisce al genere prescelto, e così è facile capire quale destino attenda il protagonista, anche perché il tratteggio dei personaggi è piuttosto evanescente – il rapporto tra il Mohicano e Terry resta embrionale, nonostante Arena (già protagonista del Reality di Garrone) e Truppo siano attori incisivi.

A parte lo scivolone di una sequenza iniziale “turistica” – Napoli presentata attraverso un montaggio di Funiculì Funiculà, pizze fritte, turisti cinesi e graffiti di Banksy –, stilisticamente Francesco Lettieri è un regista già maturo, come s’intuiva da alcuni dei suoi videoclip. Non a caso i momenti migliori del film non stanno negli insistiti, dilatati silenzi dei personaggi mentre scrutano l’orizzonte, ma nell’asciuttezza narrativa di un montaggio che si fa strigato ed essenziale quando parte la musica.

Come quando, sulle note di Voce ’e Notte cantata da un posteggiatore, le vicende dei vari personaggi s’incastrano una nell’altra, mostrando con sguardo empatico e non giudicante il fardello della violenza, il senso d’umanità, la dolcezza sprecata in vite inutili. Ultras però non riesce a sostenere la forza di questa visione appena accennata, e si consuma in una narrazione risaputa, che mostra la sua filiazione da un immaginario criminale che in questi ultimi anni si è visto fin troppo sia al cinema che in tv.