Cristian Bugatti di Bugo è quel tentativo che devi ascoltare per forza (recensione)

9 tracce elettropop sulle quali spiccano il singolo di Sanremo, il duetto con Ermal Meta e l'ultimo brano in lista


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Cristian Bugatti di Bugo è quell’album che ti si presenta davanti per forza di cose. Sei curioso, ammettilo, dopo aver seguito la tempesta perfetta piombata su Sanremo dopo la defezione in mondovisione.

Tutti, in una maniera un po’ perversa – per dirla come Yotobi quando commentava i punti critici della serie Adrian – ci accaniamo ogni giorno per scavare nel profondo della guerra artistica più affascinante e imprevedibile delle ultime settimane, ed ecco che Cristian Bugatti di Bugo si presenta come un’occasione per rispondere alla domanda: “Chi è Bugo?”, più volte ripetuta dallo stesso Morgan nei giorni delle polemiche.

Bugo è quello di Io Mi Rompo I Co***oni o che giocava a imitare Francesco Guccini in Una Pentola Al Fuoco Che Attende La Pioggia, ma soprattutto era quel cantautore scanzonato e disordinato che suonava nei club, biascicava le parole per provenienza geografica e ci prendeva tutti per il cuBo, perché aveva imparato da se stesso.

L’apparenza nonsense di Ggell e la parodia emozionale di Nel Giro Giusto, quando cantava: “Io devo uscire dalla mia alienazione”, oggi non ci sono. Non significa “non ci sono più”: significa che siamo di fronte a un nuovo capitolo del cantautore di Rho che a questo giro ha deciso di auto-dedicarsi il disco fornendo le sue generalità accanto al suo nome d’arte e il risultato è nelle 9 tracce fresche, divertenti, elettroniche e riflessive.

La virata dell’it-pop verso la nostalgia so Eighties è ormai un fatto, e non me ne voglia Tommaso Paradiso se dico che c’è chi prima di lui ha respirato, bevuto e ridimensionato l’indie. Bugo era quello che compariva nelle compilation di Tutto Musica e che solo in quel modo, se non eri avvezzo ai concerti, potevi scoprire.

Negli anni si è calato ogni genuinità sonora in termini di impiego di strumenti acustici e si è tenuto ben lontano dal mainstream, una scelta che quest’anno ha sovvertito presentandosi con Morgan al Teatro dell’Ariston. Ha mosso quei passi con la curiosità di un bambino al primo giorno di scuola, spalleggiato da quel partner che ora è il suo blocco sovietico al di là del muro, che intende con lui una pace armata che non arriva, ma che già esiste.

9 tracce e due duetti: Sincero con Morgan e Mi Manca con l’amico e collega di etichetta Ermal Meta. Il resto è lui, Bugo, solo ma in compagnia del suo pianeta.

Cristian Bugatti di Bugo è un compendio di sintetizzatori, percussioni elettroniche, anni ’80 e settime+, liriche che celebrano il suo stato libero di alieno e la sottile amarezza della quotidianità. Lo apprendiamo già da Quando Impazzirò, che sembra una delle produzioni più riuscite di Alberto Camerini ma senza la frivolezza dell’Arlecchino: “Ti voglio bene, tanto bene, troppo bene… ma tu non vali niente”, una frase che direbbe solamente quando perderà il senno, dunque in quel momento in cui farà il contrario di ciò che è sempre stato.

C’è del funk e dell’alto pop in Come Mi Pare, manifesto della sua personalità che fa il verso a Terra Promessa di Eros Ramazzotti con quel basso in salto di ottava nella strofa. Bugo ci dice che lo chiamano “animale” perché mangia con le mani quando ha molta fame, ma lui fa come gli pare in ogni situazione.

Uno spaccato della provincia è proprio di Al Paese: “Sulla strada c’è un porno usato, ma lo sai, non è mai di nessuno, scoppiettante come accade nelle dinamiche di Quando Impazzirò, mentre Che Ci Vuole è brit-pop scherzoso, con quella frase su Sanremo che sembra profetica, ma che – come spiega Cristian a Rolling Stone – è da considerarsi nel contesto del disco. Non ve la riportiamo, ascoltatela.

Fuori Dal Mondo è la geolocalizzazione di Bugo: “Fuori dal mondo, e chi ci torna più?”, una delle ultime cartucce prima di abbandonarsi all’unica ballata del disco. Mi Manca ospita Ermal Meta e ha tutta l’aria di una canzone perfetta per la voce di Vietato Morire, che in questo disco arriva come una lezione di stile, o un sincretismo tra due attitudini diverse.

La riflessione, in Mi Manca, si sposta sul passato dei quarantenni di oggi che vivevano la loro infanzia e la loro adolescenza nel mondo esterno, lontani dal burnout della gig economy e lontani dalle ore trascorse dentro casa al sicuro con la compagnia di uno smartphone.

Un Alieno è l’esegesi di Nel Giro Giusto, qui declinata con il linguaggio della disco music che si prende gioco dei tormentoni estivi, del pop più mainstream e lo fa con le stesse stanze sonore con lo stesso risultato ottenuto da Caparezza quando pubblicò Fuori Dal Tunnel.

Stupido Eh? è il brano più riuscito del disco. 6 minuti che strizzano l’occhio a Lucio Battisti e lo fanno con la minuziosa ricerca della combinazione perfetta tra sillaba e suono. Un po’ latino, un po’ pop e tutto sperimentale, il pezzo sorprende specialmente nella seconda parte interamente strumentale, un vero e proprio trip onirico che arriva in picchiata dagli anni ’70.

Cristian Bugatti di Bugo non è il capolavoro, e se dobbiamo dirla tutta Bugo non scrive capolavori e non gli interessa farlo. Lo definirono “genio” dai suoi esordi ma lui non si sente tale: lo si deve forse lasciare in pace, visto che è proprio ciò che ha fatto con noi in 20 anni di carriera.