Non ha dubbi la Corte d’Appello di Torino: secondo l’organo giurisdizionale ci sarebbe un nesso tra l’utilizzo smodato del cellulare ed il palesarsi di alcuni tipi di tumore. Come riportato da ‘repubblica.it‘, ci sarebbe una legge scientifica di copertura a supporto di quanto appena dichiarato. Sarebbe, difatti, più probabile che non ammalarsi facendo un uso scorretto dell’apparato cellulare, nonostante i risultati dell’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità (Iss) risalente allo scorso agosto, secondo il quale tale utilizzo non risulterebbe collegato all’incidenza tumorale nelle zone più esposte nel corso di telefonate (ciò non toglie che bisognerà continuare ad indagare se tra le concause che concorrono all’insorgenza di questa orribile malattia si annoveri anche l’uso scorretto dei cellulari, che di certo bene non fa, soprattutto al cospetto della prima infanzia).
Non ha voluto sentire ragioni la Corte d’Appello di Torino, come annunciato dagli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone, dello studio legale torinese Ambrosio e Commodo. Il Tribunale di Ivrea condannava l’Inail a versare un vitalizio da patologia professionale a Roberto Romeo, 57enne al servizio di una grande società, affetto da un tumore in seguito all’utilizzo di cellulare per motivi lavorativi per più di tre ore al giorno nell’arco temporale di 15 anni (pensate un po’ a quale rischio parecchi bambini, anche di tenera età, vengono esposti ogni giorno).
Il tumore, per fortuna benigno anche se comunque invalidante, è stato giudicato dall’organo giurisdizionale associabile all’uso scorretto del cellulare che l’uomo ha tenuto, per motivi prettamente professionali, per così tanto tempo ed in via consecutiva). In Italia, come ribadito dal legale Stefano Bertone, una campagna di sensibilizzazione in tal senso non c’è ancora, anche se ce ne sarebbe un disperato bisogno. Voi come giudicate la questione? Fatecelo sapere lasciando un commento all’articolo.