Il Metodo Kominsky 2 su Netflix si conferma irresistibile col suo ritratto a tinte vive della vecchiaia (recensione)

Michael Douglas e Alan Arkin si confermano strepitosi nei panni di Sandy Kominsky e Norman Newlander, protagonisti di un legame sempre più saldo fra gli alti e bassi della terza età

Alan Arkin e Michael Douglas ne Il Metodo Kominsky 2, su Netflix dal 25 ottobre

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Nulla più di Sandy Kominsky e Norman Newlander appare lontano dal viale del tramonto, eppure Il Metodo Kominsky 2 – su Netflix dal 25 ottobre – osserva con speciale attenzione le fragilità della terza età. Fragilità non fisiche, forse, perché l’orgoglio rinvigorisce più di farmaci e integratori, ma debolezze dell’animo. Quelle debolezze che avvolgono i punti fermi della vita in una nebbia d’incertezza e dubbi su di sé e il domani.

Attenzione, spoiler!

Il Metodo Kominsky 2 riparte dunque dai punti fermi della sua irresistibile comicità e ne scopre nuove e sorprendenti sfumature. L’amicizia fra Sandy (Michael Douglas) e Norman (Alan Arkin) continua a essere il motore di innumerevoli sketch umoristici, ma le dinamiche che li legano al mondo circostante sembrano rovesciarsi. Sandy, da un lato, pare allontanarsi suo malgrado dalla baldanza tipica di una mezza età trascorsa senza grossi intoppi. A destabilizzare questo nuovo capitolo della sua terza età sono due fattori: la nuova relazione della figlia e l’inatteso quanto esorbitante problema di salute che lo affligge. La prima è sconvolgente perché Mindy (Sarah Baker) trova un compagno di vita nell’anziano Martin (Paul Reiser), insegnante di liceo in pensione afflitto da problemi di cuore e prostata e dall’opprimente convinzione di aver sprecato la propria vita. Il secondo è devastante perché, pur colto in tempo grazie a check-up tempestivi, costringe Sandy a riconsiderare la vita come un’entità finita e aperta a imprevisti dolorosi.

Se la minaccia del nuovo fidanzato di Mindy si diluisce in un’intesa immediata e in un rapporto amichevole, lo stesso non può dirsi del cancro. Sandy è soffocato dal bisogno di tenere tutto sotto controllo e prova a marcare il territorio tenendo i familiari all’oscuro della malattia. La strategia, però, si rivela subito fallimentare. La debolezza – fisica e psicologica – emerge prepotente giorno dopo giorno, al punto che la vicinanza di Mindy, Lisa (Nancy Travis) e Norman diventa inevitabile.

Dall’altro lato Norman vive ne Il Metodo Kominsky 2 un’esilarante seconda giovinezza. Il dolore per la morte di Eileen (Susan Sullivan) inizia a farsi più sopportabile, le apparizioni della donna meno frequenti, e così Norman ritrova la bussola e il solito, gelido humour tagliente. Le sue giornate riacquistano senso e spessore nella passione ritrovata con la splendida Madeline (Jane Seymour) e nel nuovo capitolo del rapporto con Phoebe (Lisa Edelstein), a sua volta pronta a voltar pagina col padre e col mondo.

In Norman la debolezza si rovescia in un’inattesa vigoria fisica, accompagnata da una lucidità mentale che gli permette di sotterrare l’ascia di guerra, riconoscere i propri limiti caratteriali e i frequenti accessi di rabbia. Mostra persino la maturità di volervi porre rimedio, così come di aprirsi a un nuovo viaggio spirituale che dia senso a una pensione ormai prossima. La satira su Scientology trova sostanza corporea nel nipote Robbie (Hailey Joel Osment), zelante ciarlatano ed ex adepto al quale Norman dà corda con una sorprendente benevolenza.

Come il talento – e il fascino – dei suoi due protagonisti, Il Metodo Kominsky migliora col tempo. La prima stagione lascia dietro di sé l’inconfondibile impronta comica del creatore Chuck Lorre, mentre la seconda può puntare in alto e rendere ancor più speciale e prezioso il rapporto fra Sandy e Norman, con tutti gli annessi e connessi del caso. La loro non è soltanto un’amicizia fra uomini figli di un’altra epoca, uniti dalla nostalgia del passato, dai capricci della prostata e da funerali così frequenti da diventare occasioni di vita sociale. A rendere speciale il loro rapporto è anche e soprattutto una sintonia impalpabile eppure granitica, cui Il Metodo Kominsky 2 accena in modo palese episodio dopo episodio.

Sandy e Norman affrontano questa fase della terza età percorrendo binari paralleli. Entrambi si aggrappano al lavoro, entrambi fanno sfoggio del proprio personalissimo umorismo, entrambi si aprono all’amore e a rapporti più maturi e sfaccettati con le rispettive figlie. Se queste, da un lato, sono preziose occasioni per rilevare le strategie che ciascuno mette in atto per affrontare la vita, dall’altro aiutano a comprendere la natura del loro legame. Perché la vecchiaia, per Sandy e Norman, si insinua fra la salute e i pensieri, ma non intacca uno spirito ancora reattivo all’amore romantico e familiare, alle sfide professionali e ai piani sul futuro. E così i due possono continuare a nutrirsi l’un l’altro di sostegno, humour, conforto in ogni tragicomica svolta della vita. Il merito è della scrittura frizzante, di dialoghi ben calibrati e soprattutto di performance impeccabili da parte di Michael Douglas e Alan Arkin, senz’altro destinati a bissare le nomination agli Emmy e ai Golden Globe ottenute nel 2018.

Il Metodo Kominsky 2 su Netflix non è ancora la Grace and Frankie al maschile di cui si è parlato un anno fa, ma sa muoversi fra ironia e serietà con tanta grazia da rendere un po’ più semplici i paralleli. Sandy e Norman sono gli amici sui quali chiunque vorrebbe poter contare alle soglie della terza età, fra un funerale e una corsa in ospedale, fra un pranzo da Musso e una scappata al supermercato. La tenerezza del loro rapporto stuzzica affetto ed empatia, ed è inevitabile incrociare le dita in attesa del rinnovo per una terza stagione.