Miles Davis, abbiamo ascoltato il suo album inedito “Rubberband”

Rimasto inedito per 30 anni, il regalo per le nostre orecchie è il lavoro di Miles Davis in anteprima nella roof Warner a Milano, un bagno di musica Funk e ricordi


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Ricevere un invito da una casa discografica ad ascoltare un vinile in HiFi è qualcosa che fa parte di un mondo che non c’è più da anni… o forse anticipa il futuro che verrà. In ogni caso è qualcosa oggi di rivoluzionario, un appuntamento al quale non ho voluto mancare. Io vengo dalla campagna e quando vado in città mi piace arrivare con largo anticipo. Faccio il viaggio in treno con Marco Stanzani della Red & Blue (anche lui di Bologna), che è uno degli ideatori dell’iniziativa. Arriviamo alla Warner Music e subito salgo nel roof, ancora deserto, dove avverrà l’ascolto. Non ci sono artisti da intervistare, ma mi sono portato la telecamera per documentare quello che spero sia l’inizio di una nuova era per la musica. Salgono subito Patrizio Romano e Veronica Faccin della Warner, poi arrivano i giornalisti alla spicciolata, tra cui Alessio Bertallot, Rita Vecchio, Marco Mangiarotti e Mario Luzzatto Fegiz. Finalmente possiamo ascoltare l’album di Miles Davis “Rubberband”, rimasto inedito per 30 anni. Miles è molto più di un’icona, è una delle figure più importanti nella storia della musica. Infatti Zane Giles, uno dei produttori di “Rubberband”, ha dichiarato: “Miles sarebbe davvero orgoglioso dell’album. Lui è come Beethoven o Mozart per noi. La musica era tutto per lui”.

La storia di questo album inizia quando nel 1985 Miles Davis lascia la Columbia e firma con la Warner e comincia a registrare a Los Angeles. Poi decide di cambiare tutto e preferisce staccarsi dal suo sound recente e comincia un nuovo progetto musicale che sfocerà nell’album “Tutu”. Il 28 settembre 1991 Miles vola nell’altra dimensione e quelle registrazioni rimangono in archivio ancora per anni, fino a quando i produttori originali, Randy Hall e Zane Giles, assieme a Vince Wilburn jr, nipote di Miles che aveva suonato la batteria nelle registrazioni originali, hanno deciso di lavorare su “Rubberband”. In origine Miles voleva la voce di Al Jarreau in “I love what we make together”. Quando Jarreau ha sentito il brano, due anni fa, ne era entusiasta e voleva cantarlo. Purtroppo non c’è riuscito perché anche lui, il 12 febbraio 2017, se n’è andato nell’altra dimensione. In “Rubberband” ci sono le voci femminili di Ledisi, candidata ai Grammy Awards per 12 volte, e Lalah, figlia del cantante soul Danny Hathaway.

I produttori hanno giocato anche con le parole che Miles diceva durante le registrazioni, come la ripetizione di “Rubberband”, di cui nel disco esistono due versioni, una rielaborata e una originale come l’aveva registrata Miles. Chiaramente è il funk a farla da padrone nel disco, anche se c’è ad esempio “Paradise” con sonorità afroamericane di calypso. Chiaramente non è mancata qualche polemica riguardo a questo album: è giusto rielaborare e rivestire registrazioni senza la presenza del compositore e musicista? Anch’io mi sono posto questa domanda riguardo ai tanti dischi postumi pubblicati di Jimi Hendrix e la risposta che mi do sempre è solo una: mi piace ascoltare il risultato finale? Nel caso di “Rubberband” la risposta è: sì.

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