Salta il concerto di Nicki Minaj in Arabia Saudita, la rapper ascolta gli attivisti

Con la sua rinuncia, la rapper conferma la sua battaglia per i diritti civili


INTERAZIONI: 442

Lo show di Nicki Minaj in Arabia Saudita non ci sarà. La decisione è arrivata a seguito della lettera ricevuta dai membri della Human Rights Foundation (HRF) e firmata dal presidente Thor Halvorssen, nella quale gli attivisti chiedevano alla rapper di rinunciare alla sua partecipazione del 18 luglio al Jeddah World Fest nel nome dei diritti dell’uomo. Nella lettera, infatti, Halvorssen ricordava a Nicki Minaj che nell’Arabia Saudita governata dal principe ereditario Mohammed Bin Salman si commettono crimini contro l’umanità.

Nelle ultime ore Nicki Minaj ha inviato un comunicato all’Associated Press nel quale ha fatto sapere di aver rinunciato alla venue programmata per il 18 luglio:

Dopo un’attenta riflessione, ho deciso di non tenere il mio concerto in programma al Jeddah World Fest. Seppur fosse nel mio interesse offrire il mio spettacolo ai fan dell’Arabia Saudita, dopo essermi informata meglio sulle questioni, credo sia importante per me chiarire il mio sostegno ai diritti delle donne, della comunità LGBTQ e della libertà di espressione.

La Human Rights Foundation, sempre nella persona di Thor Halvorssen, ha risposto congratulandosi con la rapper:

Siamo grati a Nicki Minaj per la sua ispirata e ponderata decisione di respingere il tentativo del regime saudita di usarla per uno spettacolo di pubbliche relazioni.

Ora, la HRF spera che Liam Payne – anch’egli previsto per la data del 18 luglio – segua l’esempio di Nicki Minaj rinunciando alla partecipazione, in modo tale da dare un forte messaggio di dissenso al regime saudita.

Il concerto di Nicki Minaj in Arabia Saudita, dunque, non ci sarà, e la rapper ha fatto sapere che la sua è stata una scelta maturata a seguito di un’attenta riflessione basata sulle informazioni raccolte in merito alla situazione politica, di cui l’HRF aveva riportato alcuni esempi, tra i quali ricordava la decapitazione di 5 uomini nel mese di aprile, “colpevoli” di essere omosessuali.