Recensione Cuphead su Nintendo Switch, sfide demoniache da portare sempre con sé

Il titolo dello Studio MDHR torna sulla scena in una nuova edizione, pronta a soddisfare le voglie portatili dei fan più esigenti

Cuphead

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Abituarsi a Cuphead non è mai facile. Mai. Nemmeno a distanza di ore e ore dall’inizio del proprio tribolato percorso videoludico. Perchè il titolo sviluppato dai ragazzi dello Studio MDHR è come una sirena che ti incanta e poi ti accalappia irrimediabilmente. A distanza di un anno e mezzo dalla sua uscita originale sulle piattaforme targate Microsoft, rispettivamente Xbox One e PC, il platform game sbarca anche su Nintendo Switch riproponendo, intonso, tutto l’impietoso gameplay che ne ha sancito il chiaro ed evidente successo di critica e pubblico. Lecito è quindi aspettarsi un bis anche sulla piattaforma ibrida del colosso nipponico.

L’abito non fa il monaco

Chi ha avuto modo di provare Cuphead nella sua precedente incarnazione troverà ogni cosa al suo posto: i numerosissimi boss di fine livello e gli stage dalle dinamiche al limite del puntivo tornano in questa nuova riproposizione del gioco. Per tutti coloro che invece nel 2017 non hanno avuto modo di provare e divorare il titolo (non indagherò, ma vedete di rimediare, a questo giro, ndr), c’è da sapere che Cuphead è ben più di quanto la grafica cartoon anni trenta lascia trasparire a un primo sguardo. Addentrandosi dopo le sequenze animate iniziali si capisce fin da subito che l’opera dello Studio MDHR non è di certo un titolo orientato ai bambini, anzi. Le dinamiche ludiche che si alternano all’interno del variegato gameplay passano dal secco platform allo shooter bidimensionale dual stick: a farla da padrone sono le cosiddette boss fight, i combattimenti all’ultimo sangue in cui gli utenti si trovano a darsele di santa ragione con i cattivoni di turno con l’unico compito di non finire gambe all’aria prima del proprio avversario. Un’impresa che richiederà di sudare le canoniche sette camicie e dove il trial and error la farà da padrone. Solo imparare a menadito le sequenze d’attacco dei nemici permetterà infatti di avere ragione di battaglie altrimenti difficili da portare a termine favorevolmente. Toccherà quindi di armarsi di una dose abbondante di pazienza per evitare di danneggiare in maniera irreparabile la propria console.

Ama l’arte e mettila da parte

Parlavamo nel paragrafo precedente di un comparto artistico che tende a trarre in inganno. Ebbene quello di Cuphead è una sorta di ossimoro videoludico che contrappone una grafica dai disegni pastello a dinamiche ludiche ben oltre la soglia di sopportazione di alcuni utenti. Un ossimoro che però funziona adeguatamente bene e mitiga le arrabbiature da morti a ripetizione anche grazie al supporto di una colonna sonora dall’alta riconoscibilità e dai ritmi che ottimamente si sposano con l’azione di gioco. A fare da corredo all’esperienza ludica ci pensa poi una localizzazione in lingua italiana di eccellente fattura che, complici anche alcune “licenze poetiche”, mira a mantenere inalterato tutto il buon lavoro fatto nella selezione dei giochi di parole scelte per i diversi livelli e per i nemici (esempi lampanti sono Panico Botanico e Gli Ortaggiosi del primo livello, senza andare a scavare eccessivamente nel titolo, ndr).

Meno lucente è invece la performance del gioco sotto il profilo dei comandi, dove i Joy-Con di Nintendo Switch mostrano i propri limiti soprattutto sulla lunga distanza: molto meglio la resa del titolo sullo schermo della TV, magari supportato da Pro Controller. Resa su schermo maggiorato che permette di avere una visuale migliore anche all’interno dei livello dove l’attenzione ai particolari sarà fondamentale, con il piccolo schermo di Nintendo Switch che offre il fianco a potenziali critiche. Non si tratta ovviamente di pecche ignominiose, quanto più di piccoli nei che comunque non incidono in maniera significativa su una valutazione globale che non può che essere assolutamente positiva, alla stregua dell’edizione Xbox One e PC.

Conclusioni

In sostanza quindi Cuphead è uno di quei giochi da avvicinare con cautela ma da includere assolutamente all’interno della propria collezione videoludica. Una piccola perla che brilla di luce propria e che lascia ben sperare in vista del futuro, con tanti nuovi sviluppatori che cercheranno di emulare (speriamo con successo, ndr) la strada percorsa dallo Studio MDHR. Perchè, diciamoci la verità, abbiamo bisogno di titoli di questo calibro.

Pro

Contro

VOTO FINALE: 9/10