Triple Frontier: Non fate arrabbiare Ben Affleck e alzate il volume (recensione)

Sembrava un’operazione facile: Entrare in casa del narcotrafficante Lorea, prendere un po’ di soldi, portare al sicuro la ragazza e godersi il resto dell’esistenza senza la paura di come pagare le bollette. Le cose si complicano per cinque soldati scelti delle forze speciali, pronti a tutto tranne che a vendere l’anima al diavolo.


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Cast stellare, adrenalina pura e una grande colonna sonora per il film Netflix diretto da J.C. Chandor. Chandor ci aveva già abituato alla musica di qualità all’interno dei suoi film. “All Is Lost – Tutto è perduto”, con Robert Redford, aveva vinto il Golden Globes 2014 come Miglior colonna sonora, ma in Triple Frontier a mantenere il fiato sospeso è il rock e il metal di grande qualità:“Orion” (Metallica 1986); “For whom the bell tolls” (Metallica 1984); la bellissima “The chain” (Fleetwood Mac 1977) e ovviamente “Masters of war” (Bob Dylan 1963).

I riff di chitarra accompagnano a tempo i movimenti precisi e inizialmente impeccabili di cinque professionisti: “Santiago Garcia” interpretato da Oscar Isaac che ritornerà presto in qualità di “Poe Dameron” nell’alleanza ribelle di Star Wars a Dicembre 2019;
Charlie Hunnam, che il pubblico delle serie tv e di Netflix conosce bene soprattutto per il ruolo di protagonista di “Son of Anarchy”, è stavolta “William Miller”, forse il più saggio e forte del commando;
Garrett Hedlund nelle parti di “Ben Miller” che quando non è in missione lotta nei circuiti di MMA;
Pedro Pascal, l’agente della narcotici Javier Peña in Narcos, perfettamente a suo agio nei panni di “Francisco Morales”, un pilota caduto in disgrazia e pronto a seguire ovunque il suo Capitano.
A comandare il team c’è il pluripremiato Ben Affleck, nel film “Tom Davis”.

Il personaggio di Ben Affleck è sicuramente il più complesso e non mancano colpi di scena che lo spettatore non aspetta. La sua inquietudine diventa la nostra. Tom gode della stima dell’intera compagnia, ma a casa le cose non vanno bene. Non trova lavoro, in abiti civili non riesce ad essere un buon marito e ha paura di non essere un padre all’altezza. Quando gli prospettano un colpo facile e abbastanza soldi da poter mandare la figlia al College è titubante, poi accetta e non sarà più lo stesso. Tom comincia a fare errori, a perdere il controllo, il suo sguardo cambia, la squadra non lo riconosce più. E’ l’elemento di verità della pellicola che tiene alta la tensione insieme alla musica.

Le sue parole sono lapidarie, meglio prenderlo sul serio:
“N.1 Qualsiasi cosa accada ce la porteremo dietro
N. 2 Dopo stanotte non potrete tornare alla vostra vita normale, ciò che stiamo per fare è un crimine, non avremo la bandiera dalla nostra parte. Se faremo bene il nostro lavoro commetteremo un omicidio e una rapina a mano armata. State per infrangere la maggior parte dei giuramenti che avete fatto.
N. 3 La famiglia: Se non vanno in chiesa o tornano a casa presto si annulla tutto, non sono loro che vogliamo.
N.4 Possiamo ancora dire No”.
Nel film le tre frontiere sudamericane sono ben visibili in tutta la loro bellezza e la squadra alla fine dovrà scegliere: O il capo o i soldi.

Triple Frontier è qualcosa di più di un action movie. Il film non ha la piena profondità degli ultimi lavori di Kathryn Bigelow, che inizialmente doveva dirigere la pellicola, ma ha la capacità di mettere sullo schermo le cose come stanno. I dialoghi sono sempre schietti, veri. Non ci sono le battute galvanizzate, durante gli scontri a fuoco, a cui tanti film made in U.S.A. ci hanno abituato. I protagonisti fanno continuamente i conti con se stessi. La verità è che premere un grilletto non è poi così semplice. Il film riserva importanti colpi di scena, lo spettatore forse storcerà il naso, ma come nella vita vera, non sempre arriva ciò che ci aspettiamo.