La recensione di Popcorn di Federica Carta, l’album della nuova dimensione R’n’B dopo Sanremo

Dopo l'avventura sanremese la giovane cantante apre una parentesi con queste sette tracce che rappresentano un manifesto della sua nuova dimensione


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Ciò che troviamo nelle 7 tracce di “Popcorn” di Federica Carta è il tintinnare dei bicchieri degli aperitivi consumati in un locale con vista panoramica su Piazza Venezia o su Campo de’ Fiori. All’interno della bevanda, però, qualche lacrima iraconda è precipitata in un momento di perdita del controllo, subito rispedito all’inferno con un colpo di glottide. La prima peculiarità del disco, infatti, è una sonorità nuova già assaporata dal singolo Mondovisione che rischiava di essere ingannata da Senza farlo apposta, il brano sanremese portato all’Ariston in coppia con Shade

Ciò che Federica tiene a sottolineare, appunto, è il concetto di evoluzione strettamente legato a questo disco. Fino all’ultimo anno ha composto i suoi brani esclusivamente al pianoforte, ma per non perdere la concentrazione né l’ispirazione si è ritrovata a scrivere mentre si trovava sul treno o alla fermata dell’autobus, come tutti gli artisti ispirati osano fare per catturare la nuova idea arrivata come un miraggio. Non siamo di fronte al disco definitivo, perché nonostante la fluidità che lascia scorrere le sette canzoni senza noia alcuna vi sono alcuni punti che creano piccoli ostacoli naturali.

I testi scritti dalla stessa Federica Carta fanno parte di questi ostacoli, perché le parole scelte per dare voce al dettato emozionale peccano ancora di spigolosità. In un brano intenso come Io so aspettare, una ballad oltremodo canonica per la musica italiana contemporanea ma sempre d’effetto nel suo feedback immediato, Federica racconta lo strazio di una relazione finita e dell’incontro dell’ex partner in compagnia di una nuova lei. Le parole disegnano la location: una festa con tanta musica, occasione che getta nella nostalgia qualsiasi persona che sta vivendo la tragica rottura della storia d’amore. Il concetto, però, cozza con la ricerca di una modernità nelle liriche: «Nel locale in strada c’è una festa e c’è la musica “a palla”, ma da sola non si balla». Un disturbo perdonabile, perché la scelta di un vocabolario oltremodo fuori luogo si giustifica con lo “stream of consciousness” che crea frasi sconnesse, giustificate nel cuore del significato del brano: «Se l’amore sa tornare io so aspettare» con gli occhi che “sprecano il cielo” perché guardano per terra.

Tra le altre ballad presenti nel disco troviamo la sanremese Senza farlo apposta in apertura, il featuring con Shade che descrive le contraddizioni dell’amore. Una storia che sembra giunta al capolinea trova una lei determinata a ritrovare una posizione: «Scusa ma non me ne importa, sono qua un’altra volta. Ci finisco sempre senza farlo apposta, aspetto ancora una risposta, passavo a prendermi la colpa». Le ballad, infine, si chiudono con la versione acustica di Dove sei, eseguita con pianoforte e archi e già presente nel precedente album “Molto più di un film”. Lo strazio è lo stesso raccontato in Attraversando gli anni, quello della scomparsa di qualcuno e del vuoto cosmico bombardato di dolore, e difatti Dove sei si chiude con gli stessi versi di Attraversando gli anni: «Mi manchi, non lo vedi?».

“Popcorn” di Federica Carta è soprattutto il disco della title-track, canzone scritta espressamente su ispirazione di una sua vecchia storia d’amore. I pop-corn sono una metafora del suo ruolo in una precedente relazione, perché lei stessa ammette di non finire mai i pop-corn quando va al cinema: «Sono come i pop-corn, non mi vuoi per davvero». Il suo lui non sa stare con se stesso, ed il brano si tinge di disco dance con un rullante in pieno stile anni ’80 per la coda di suono. Synth, clap e riff di chitarre si accompagnano a cori e piano rhodes. Il groove è perfetto come quello di Raro, brano nel quale si sente fortemente la collaborazione di Davide Simonetta, cantautore nato negli ambienti alternative come voce dei Karnea e dei Caponord che già nelle sue precedenti produzioni sapeva creare sapientemente le fusioni tra ritmo e intensità sonore. Raro è il dipinto dell’amore come rifugio e protezione.

Atmosfere solari e crepuscolari non creano, in Raro, l’ossimoro: le due facciate del sentimento più tormentato dell’universo umano sono rese in un sound che ricorda Riccione dei Thegiornalisti, ma con un tocco elegante di femminilità e spensieratezza che fanno della canzone una hit che potrebbe funzionare sia nella torrida estate che nel gelido inverno. Un locale vuoto, ora, con i volumi rigorosamente abbassati per non disturbare il vicinato né i pochi avventori rimasti, è il post perfetto per ascoltare Quando l’amore chiama. Un pop elettronico che fa il verso agli anni ’90 e parla di rimpianto: «Ti sento nell’aria, sto in giro, poi vedo un aereo e penso che in fondo, con te, sarei partita davvero», poi esplode in una dance malinconica nel ritornello.

L’amore, in questo brano, è quell’elemento che chiama ma al quale Federica non risponde, ma dal quale lei stessa ammette di non sapersi proteggere.

Mondovisione chiude “Popcorn” di Federica Carta e racconta quel mondo social che mette a dura prova l’amore e che ne confonde la comunicazione, tra faccine e geolocalizzazioni. La canzone, un pezzo R’n’B nel quale ironia e malinconia convolano a nozze, fa parte della colonna sonora del film La befana vien di notte di Michele Soavi.

“Popcorn” di Francesca Carta è il seguito ideale di “Molto più di un film” e tutt’altro che casualmente i due titoli si scoprono affini. Lo spiega lei stessa a Vanity Fair: «Mi piace pensare che le persone ascolteranno le mie canzoni, come fossero pop corn, in attesa del nuovo disco che uscirà dopo l’estate». Sulla sua crescita personale si confessa: «Mi vengono parole diverse rispetto a quelle che usavo prima. Sto studiando, ho studiato, mi è servito scrivere con altri autori e rubare un po’ della loro arte, del loro modo di parlare. Mi è servito anche ascoltare musica nuova, internazionale».

L’artista, del resto, è come una spugna ed è impossibile che non si faccia influenzare da ciò che lo circonda. Nelle sette tracce di “Popcorn” di Federica Carta ci si scopre affettuosi nei confronti di questa giovane cantante di origine sarda, che senza pretese offre al pubblico la sua evoluzione sonora e lessicale. Ciò che scopriamo in questo disco, soprattutto, è che dopo l’estate arriverà un album completo, ma per rompere l’hype dei suoi fan Federica ha regalato questo EP che diventa il suo manifesto, un’anteprima della sua crescita artistica e personale.

“Popcorn” di Federica Carta è un nuovo appunto sul suo diario personale o, se vogliamo, una nuova tacca sul muro della sua maturazione creativa: più R’n’B e meno soffice, meno circoscritta alla musica leggera e più vicina a nuovi orizzonti.