La vicenda Fedez-Spotify ha tolto clamorosamente il velo che copriva il marcio sui numeri del web

Il web accoglie gli investimenti delle aziende e quando girano i soldi girano anche i furbi


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Red Box | Fedez, Spotify e i numeri

I numeri ci condizionano la nostra vita e in tanti cercano di condizionare i numeri, vedi Fedez su Spotify.

Anni fa guardavamo con orrore il fatto che negli Stati Uniti contava solo quanti soldi guadagnavi. Qui da noi si cercava di nascondere il proprio reddito, mentre là si ostentava il guadagno. Oggi anche qui in Italia è così. Addirittura i trapper, tra gli argomenti “profondi” dei loro pezzi, l’esaltazione del lusso e di marchi costosi la fa da maggiore, insieme a droga e donne troie.

In America però il trend sta cambiando e i numeri vengono sempre più sostituiti dalla parola “engagement”. Anche perché hanno capito che i numeri sono taroccabili molto facilmente, ma la credibilità no.

Ma veniamo al caso che ha tolto clamorosamente il velo che copriva il marcio sui numeri: la vicenda Fedez-Spotify.

Tutto è iniziato dalla protesta di tanti che denunciavano il fatto che, appena entravano su Spotify, partiva una canzone dell’ultimo album di Fedez. Non solo, spesso a metà di un brano scelto partiva l’intero album di Fedez. Chiaramente era in atto una campagna per far salire gli ascolti del nuovo disco di Fedez. Solo che un conto è pubblicizzarlo, un altro è imporlo a chi accedeva a Spotify. Così facendo, chiaramente Fedez scalava la classifica di Spotify e, visto che 12 ascolti su Spotify valgono come un acquisto di un disco, anche quella ufficiale della FIMI.

Fedez, appena scoppiata la polemica, ha annunciato che abbandonava X Factor: una strategia per cancellare la notizia scandalo Spotify con un’altra notizia forte.

Ma allora i numeri sono manipolabili?!? Certo.

Tutto si compra, anche i like alle pagine. Tempo fa, una nota cantante in un mese è passata da 2 a 3 milioni di follower su Facebook. Chiaramente acquistati. Se poi vai a vedere chi sono, trovi un sacco di utenti indiani, pakistani, che chiaramente manco la conoscono. E questo è un metodo “legale”, cioè sono utenti che, in cambio di pochi spiccioli, danno la possibilità di essere usati per mettere like. Poi ci sono i casi in cui un like parte a insaputa di chi lo dà. Entri ad esempio su un sito, clicchi su un video e, senza saperlo, metti il like a pagine che nemmeno conosci.

Ma questo a cosa serve? A vantare numeri alti e a “vendersi” a investitori grulli. Persino tanti discografici, per decidere se firmare o no un accordo, guardano quanti numeri fai sui social, quando loro stessi comprano numeri per i loro artisti.

Per questo si parla sempre più di “engagement”. Non contano più i numeri, ma le interazioni, la credibilità di quello che fai.

Certo, veniamo da un mondo media governato dai numeri dell’auditel (anche su quelli ci sarebbe da parlare tanto), e quindi è molto comodo passare da quelli della TV a quelli del web. Ma non è così, intanto perché sono quasi tutti falsati, poi perché nella realtà sono paradossalmente molti di più di quelli che appaiono.

Per varie ragioni. Intanto perché hanno smesso di assegnare IP, quindi tanti computer (almeno 10) hanno lo stesso e quindi non sono rilevati. Inoltre quelli che guardano internet sul televisore, magari sono insieme ad altre persone che non vengono conteggiate come fa l’Auditel.  Poi perché, ad esempio, se ci sono tanti utenti che guardano la mia diretta del Barone Rosso su roxybar.tv o in homepage su OptiMagazine, vengono comunque rilevati da Facebook o YouTube come un solo utente. Comunque gli algoritmi di questi due colossi decidono a quanti tuoi follower comunicare che sei in diretta. Se non investi non appari.

Il web è la nuova piattaforma dove le aziende vogliono investire, ma ci sono tanti specchietti per allodole.

La responsabile marketing di un’azienda mi ha detto con orgoglio che con “soli” 6.000€ aveva sponsorizzato un post su Facebook del suo prodotto raggiungendo 569.000 persone. Sì, probabilmente il costo contatto non è alto, però analizzando quel post le ho fatto notare che i like, 18.999, e le condivisioni, 3,560, sponsorizzati anche quelli, erano sì alti, ma poi se andavi a vedere i commenti, 572 erano pochissimi in relazione a questi numeri.

Ad esempio, sempre solo su Facebook, il Barone Rosso con Gigi D’Alessio ha raggiunto 274.000 persone ma con 4.600 commenti. Quello su Elisa 256.000 persone con 6.634 commenti (finora, perché crescono ogni giorno).

Ecco, questo è l’esempio di “engagement” applicato ai numeri. Poi ci sono tantissime altre persone che vengono raggiunte dalle condivisioni, dal riportare discorsi nel programma o dalla credibilità che i marchi, come Optima, Fiat, Golia, Alce Nero, Mielizia, acquistano se associati a un brand come un mio programma, che ha credibilità.

Mamma mia dove sono arrivato, partendo dallo scandalo dei numeri di Fedez su Spotify.

Come cantava Jovanotti: “I numeri, non li sopporto più”.

Anzi, non li ho mai sopportati. Quando feci per la RAI il programma quotidiano “Mi ritorni in mente”, il giorno dopo il mio fax (allora c’era ancora il rotolo di carta chimica) cominciò a sputare un’infinita serie di numeri. Chiamai la responsabile RAI del programma e le chiesi cosa fossero. Lei mi disse che erano le rilevazioni minuto per minuto che mi sarebbero servite per analizzare i dati e modificare il programma per fare ancora più audience.

Io le risposi:

“No, grazie, non me li mandare più. Non voglio essere condizionato da questo, se qualcosa che per me ha molto valore umano e come contenuto e vedo che fa numeri bassi, debbo toglierlo? Magari privilegiando qualcosa di becero che fa più numeri? No. Lasciami fare il programma come credo sia giusto. Ai numeri pensateci voi. Non debbo esserne condizionato”.

www.roxybar.tv