Ultimo mi è diventato simpatico, le sue canzoni per niente

Storia di uno a cui promettono di vincere Sanremo, che poi lo vince un altro che non c'entra nulla e quindi lui manda a fanculo tutti.


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Chi parte facendo premesse, in genere, non ha la mia stima.

Per questo ho deciso di partire con due premesse, come a voler esorcizzare una falsa partenza con  una seconda falsa partenza.

Questa era la prima.

Adesso arriva la seconda.

Le canzoni di Ultimo, in genere, mi fanno abbastanza cagare. E non uso questa espressione per fare il giovane, figuriamoci, a giugno faccio cinquant’anni. Uso questa espressione perché, mi è parso di capire recentemente, Ultimo parla questa lingua e non potendo contare sull’Esperanto è bene trovare un idioma comune con cui intenderci.

Le canzoni di Ultimo, in genere, mi fanno abbastanza cagare perché, pur riconoscendogli la capacità di scrivere canzoni che si possano definire tali, nel senso di canzoni dotate di melodia, armonia, dinamica, ritmo (poco), non accozzaglie di suoni alla moda su cui stendere parole neanche troppo in metrica o con rime a chiudere le barre, mi è altrettanto evidente che suddette canzoni stanno all’originalità quanto io sto, appunto, al giovanilismo.

Raga tutto rego?

Seppur per mere questioni di timbro, questo ha sostenuto in radio intrattenendosi con me, Mara Maionchi e Alberto Salerno subito dopo aver cantato sul palco dell’Ariston, è infatti evidente che Ultimo si rifaccia un po’ troppo a Tiziano Ferro, andando a ricalcarne ogni singola caratteristica, da una certa malinconia di fondo all’utilizzo di parole desuete nei nostri soliti testi, passando per una progressione armonica di chiara matrice tiromanciniana.

Ma non è di questo che voglio parlarvi. Questa, l’ho detto subito, era la seconda premessa.

Quello che voglio dire è che a me, dopo i fatti ormai più che risaputi di Sanremo, Ultimo sta decisamente molto simpatico.

Analizziamo i fatti.

Ultimo viene da San Basilio.

Traduco: non viene da Prati. Non viene neanche dalla Garbatella. Viene da San Basilio.

Se cresci in certe periferie delle periferie capisci subito che, se qualcuno ti rompe le palle, lo devi rimettere a posto immediatamente, perché non si sappia che hai subìto, che sei debole, che chiunque potrebbe fare altrettanto.

Ora, per una intera settimana, ma che dico, per almeno un paio di mesi hanno detto di te che sei il vincitore annunciato del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Lo avevano fatto due anni fa anche con la Mannoia, sappiamo come è andata, e lei stessa, la signora della nostra canzone italiana, quando ha vinto Gabbani e la scimmia, ha fatto la faccia di chi si è accorto che qualcuno gli ha fatto un cazzo con la chiave sulla fiancata della macchina nuova. Di più, l’ha proprio detto che gliel’avevano tirata.

Comunque, torniamo a Ultimo. Per due mesi hanno detto che avresti vinto. Poi non vinci. E al posto tuo vince uno che, se si volessero analizzare i fatti, al Festival della Canzone Italiana neanche ci dovrebbe stare. No, fermi tutti, non sto parlando di quelle aberrazioni tirate fuori dai leghisti. Mahmood è italiano tanto quanto Ultimo o me. Sto parlando del fatto che, in teoria, Sanremo è il Festival della Canzone Italiana, quindi a essere scelte, in teoria, dovrebbero essere le canzoni. Invece Mahmood, come Einar, è finito in gara come artista, dopo aver vinto quella cagata di Sanremo Giovani, senza avere ancora la canzone da presentare o comunque senza averla ancora presentata. Alla faccia del Festival della Canzone.

Comunque alla fine perdi, e vince uno che, fino a due giorni fa, non solo non veniva dato per vincitore, ma non veniva proprio calcolato di pezza, un perfetto sconosciuto. Per di più, tu ti sei presentato con un brano decisamente minore, ma fatto apposta per piacere anche al pubblico ottuagenario di Sanremo, mentre lui è arrivato con una base di Charlie Charles, una canzone che non fosse passata di qui sarebbe comunque andata in streaming, visti i suoni contemporanei.

Ti girano quindi le palle, non ce n’è. Arrivi in Sala Stampa e subito ti chiedono come ci si senta a essere arrivati secondi, domanda che più del cazzo non si può. Fai capire esattamente questo, che è una domanda del cazzo, e la Sala Stampa, la stessa che di lì a poco balzerà agli onori delle cronache per i balletti sulle note di Mahmood, per gli “in galera” e le “merde” gridate a Il Volo, e soprattutto che verrà fuori essere stata determinante per aver fatto vincere Mahnood al posto tuo, ecco, quella Sala Stampa lì ti ricopre di frasette dette a mezza bocca. Stronzetto, ma chi te credi, aò.

Ecco, torniamo indietro.

Sei di San Basilio. Sei una sorta di Bigby di Trainspotting ma con la cadenza romana invece che di Edimburgo.

Che fai?

Vesti i panni del Cavaliere Nero, che in effetti ti stanno pure bene, e li mandi a fanculo tutti.

Gli dici, anzi, je dici che hanno rotto er cazzo. Che contano qualcosa solo quella settimana.

Certo, ti sfugge il disprezzo per Mahmood in quel “il ragazzo”, ma hai pur sempre ventitré anni, ci può stare.

Potessi sapere che di lì a poco su Mahmood sarebbe montata tutta quella panna, magari, diresti un po’ meno, anche se le foto che evidenziano il pacco, dai, quelle ti hanno fatto girare i coglioni ulteriormente. Nessuno ha detto che hai il pacco grande, e che cavolo, a Mahmood sì.

Parli di popolo invece che di pubblico. Ma siamo nel 2019, e il pubblico non esiste più. Neanche gli elettori, figuriamoci il pubblico. C’è popolo ovunque.

Mostri i denti. Poi vai via, mandando a puttane la foto di Tv Sorrisi e Canzoni, gesto che, se paragonato a Achille Lauro che va dalla Venier o da Fazio a dire che li ha sempre ammirati, fa di te Iggy Pop che si infila una bottiglia nel culo sul palco del Whiskey a Go Go, il re dei Punk. Fanculo pure a Achille Lauro.

Poi, è chiaro, le classifiche puniscono te e premiano il giovane Mahmood, ma tu sei da oltre un anno lì, in Top 5 degli album, col tuo disco, e fra un po’ vai pure per palasport e alla fine arrivi all’Olimpico. Lui con gli streaming ci si compra qualche costume da Intimissimi, per la gioia di Signorini che ci farà qualche altra copertina.

Adesso stai sul cazzo a un sacco di gente, che ti considera arrogante, il primo stocazzo che ha deciso di sfanculare Tv Sorrisi e Canzoni e compagnia bella.

Ma sei di San Basilio, trentesimo quartiere di Roma, quello che se lo scrivi su Google, arrivato a San Basi ti esce “San Basilio spaccio”. Mica ti potevi far dare dello stronzetto da gente che vis a vis, faccia a faccia per chi non sapesse il francese, non avrebbe neanche provato a dirti che non meritavi la vittoria.

Adesso, però, finisci l’opera. Quando tutti loro verranno a vedere i tuoi concerti mettili dietro una colonna, o fagli incontrare un cartonato, tipo quello che, avessero saputo, avrebbero messo nella foto con Mahmood e Il Volo i tipi di Tv Sorrisi e Canzoni. E diglielo chiaramente, alla tua maniera, ar cavaliere nero nun je devi cacà er cazzo. Te lo dice il capostipite della stirpe dei cavalieri neri.