Sanremo 2019, le mie pagelle: Negrita, Zen Circus e Motta sono il rock; Nek e Marcorè i peggiori

I miei voti alla quarta serata del sessantanovesimo Festival di Sanremo


INTERAZIONI: 684

Ferdinando Salzano: 10+

Se uno riesce a portare pure Anastasio sul palco dell’Ariston deve davvero avere dei superpoteri. E io mi inchino e bacio le mani.

Claudio Baglioni: 2

Gli casca letteralmente la faccia. In senso figurato. Tradisce nervosismo. A ragione. Ma mica era colpa nostra, eh.

Bisio e Virginia Raffaele: 2

Ammirevole la coerenza. Ma non azzeccare una gag che è una era davvero difficile. Impeccabili.

Federica Carta, Shade e Cristina D’Avena: 6,5

Federica a Shade lavorano per Rai Gulp e sono arrivati qui con una canzone che sicuramente sfonderà coi più giovani. Oggi al loro fianco Cristina D’Avena, come dentro a un sogno di Gargamella. La loro leggerezza fa sorridere, e di questi tempi mi sembra un gran pregio.

Motta e Nada: 8,5

Motta è di Pisa. Nada è di Livorno. In teoria dovrebbero starsi sul culo. In realtà si trovano manco si conoscessero da una vita. Ah, si conoscono da tempo, è vero, perché Motta ha suonato con lei, ma ci siamo capìti. Una magia che si aggiunge a una magia. Un altro bel motivo per essere felici.

Irama e Noemi: 4 a Irama e la canzone 9 a Noemi

Noemi ha una voce che dovrebbero conservare da qualche parte, tipo il metro di Greenwich o un qualche reperto di valore. Invece lo portano sul palco di Sanremo a interpretare una canzone più piccola di lei. Canzone che cantata da lei potrebbe quasi convincerti. Ma che in realtà resta una canzone piccola, scivolata su un tema scivoloso. Lei comunque è davvero brava.

N.B.

L’anno scorso era stato quello in cui Noemi ha mostrato le tette, involontariamente scappate dalla scollatura, quest’anno, saggiamente è andata di stacco di coscia. Più che brava.

Patty Pravo, Briga e Giovanni Caccamo: 5

La mia stima per Giovanni Caccamo è molto alta. Anche dopo stasera. O meglio, anche dopo che stasera ha provato a tenere dritta una cosa storta. No, non la canzone. Quella è ben scritta. Ma la Pravo e Briga, no, loro insieme sono storti. Parecchio storti. Spiace dirlo, ma forse Patty faceva meglio a non accettare sta faccenda.

Negrita, Enrico Ruggeri e Roy Paci: 10

I Negrita, insieme agli Zen Circus e Motta, sono il rock qui a Sanremo. Ma loro lo sono un po’ di più, e qui vi chiedo di fidarvi di me a scatola chiusa. Ecco, quando quelli più rock di Sanremo incontrano due giganti come Enrico Ruggeri e Roy Paci non può che scappare fuori qualcosa di unico. Così è. I ragazzi stanno bene, grazie al cielo.

Il Volo e Alessandro Quarta: 6

Resto della mia idea sulle potenzialità del brano in questione, e forse la smania vanhalenistica del violinista che li ha accompagnati potrebbe piacere a chi piace questo tipo di canzone. Nei fatti questi eccessivi virtuosismi tamarri peggiorano il tutto. Portando barocco dove già c’erano tre voci piuttosto ingombranti. Peccato.

Arisa, Tony Hadley e Kataklò: 6,5

Arisa è bravissima. Tony Hadley che storpia l’italiano meno. Anzi, la canzone non fosse bella di suo sarebbe a rischio crollo. Arisa se la carica sulla voce e la salva.

Mahmood e Guè Pequeno: N.C.

Citofonate a Jacopo Pesce, A&R senior della Island, se volete sapere perché non scrivo né mai più scriverò di un loro artista.

Ghemon, Calibro 35 e Diodato: 7,5

Ecco una bella idea. Prendi una delle migliori band, da un punto di vista strumentale, in Italia. Prendi una gran bella voce, come quella di Diodato. Rendi un brano Urban e sensuale qualcosa che potrebbe aver scritto, esagero, Morricone e ecco Rosa Viola nella versione duetti. Epica.

Francesco Renga, Tony Bungaro e Eleonora Abbagnato: 7,5

Due delle migliori voci del panorama italiano si incontrano per cantare una storia che, in qualche modo, è la storia di entrambi. Malinconicamente adulto, o più semplicemente riappacificato con la vita, ecco il Renga di oggi. Con Bungaro anche noi si sta meglio, sia messo agli atti.

Ultimo e Fabrizio Moro: 4

Spiace per Fabrizio Moro, uno che canta con l’anima in bocca. Ma questa canzoncina non se lo meritava uno come lui. Forse neanche uno come Ultimo, che però ha la colpa di averla scritta e portata a Sanremo. Inutile.

Nek e Neri Marcorè: 0

Se prendi una brutta canzone, mal scritta e arrangiata peggio (tipo che usi gli archi di Get Lucky dei Daft Punk convinto che sia roba nuova) e di colpo la spogli dei suoni tamarri e fai recitare i testi a un bravo attore. Ecco, hai due possibilità: o la gente ci casca e pensa sia in realtà bella, o fa cagare.  La seconda che hai detto.

Boomdabash con Rocco Hunt e i musici cantori di Milano: 2

Sta storia dei salentini e del reggae, prima o poi, qualcuno me la deve spiegare. Volendo anche del Salento, perché io ricordo di esserci stato da bambini e era semplicemente puglia, senza gente tipo i Boomadabash a romperti il cazzo. Aver chiamato Rocco Hunt dimostra come in effetti quella era la sola intenzione. Spiace solo per il coro di bambini.

Zen Circus e Dario Brunori: 8,5

Quando sei in un posto che non riconosci come il tuo posto e vedi qualcuno che riconosci come un tuo compaesano ti viene normale andargli incontro, abbracciarlo, cercare un po’ di calore. Ecco, io a sentire i Zen Circus mi sento di fronte a qualcuno che parla la mia stessa lingua, è cresciuto calpestando il mio stesso campetto dove andavo a giocare a pallone, ha respirato la mia stessa aria. Brunori, invece,lo sento come un fratello minore, familiare, oltre che conterraneo. Quindi questa versione mi ha riempito gli occhi di lacrime. Non è cosa da prendere alla leggera. Grazie. Anche io vedo le stesse cose che vedete voii e sento le cose che sentite voi.

Paola Turci e Beppe Fiorello: 9

Ma che gli vogliamo dire a Paola Turci che si mette a duettare con Beppe Fiorello, uno dei pochi capaci di cantare, recitare, stare sul palco con disinvoltura ma anche con empatia? Le diciamo brava, anzi, bravissima. Capace di mettere l’anima a nudo, e ringraziando Dio non solo quella.

Anna Tatangelo e Syria: 8,5

Questo incontro era scritto nel destino, e due delle più belle voci del nostro pop hanno dovuto aspettare diciassette anni prima che il destino si decidesse a passare dalla teoria alla pratica. Una secchiate di femminilità sul palco di Sanremo. E già solo questo meriterebbe un monumento. Ma qui si va oltre, perché oltre alle gambe c’è di più, ci sono appunto le voci. Le due più intonate sentite stasera. Intonate e empatiche. Incidetelo. Adesso.

Ex-Otago e Jack Savoretti: 5

Jack Savoretti è un talento che tutti dovrebbero conoscere, e magari grazie a Sanremo tutti lo conosceranno. Ma per il motivo sbagliato, questa canzoncina ina ina, a tratti leggera a tratti imbarazzante.

Enrico Nigiotti, Paolo Jannacci e Massimo Ottoni: 9

Non c’era bisogno, ma con questa versione asciutta, pianistica, Nigiotti ci dimostra come lui abbia in effetti portato una bella canzone. Ma non solo. Dimostra come sia anche un interprete in grado di affrontare questa versione decisamente più ostica e di portarla a casa con successo. Abbiamo parlato di maturità, ecco, servisse, qui la dimostra davvero tutta.

Loredana Bertė e Irene Grandi: 5 alla canzone e 8 alle voci

Se con la Bertė li a cantare Cosa ti aspetti da me il ragionamento su quanto fosse netto lo scarto tra la sua voce e la sua capacità di usarla e la canzone, oggi che di fianco a Loredana c’è un’altra voce importante come quella della Grandi la faccenda è anche più evidente. Peccato, perché con queste materie prime si poteva fare un gioiello, invece abbiamo avuto solo bigiotteria.

Daniele Silvestri, Rancore e Manuel Agnelli: 10

A mio avviso la canzone Argentovivo già nella versione di Silvestri con Rancore era un capolavoro assoluto. La voce di Manuel, sulla carta, non è che ce la vedessi molto. Ma per fortuna non sono uno che fa previsioni, per cui posso affermare che Argentovivo fatto a tre è un capolavoro tanto quanto fatto a due. Solo un po’ più articolato, forse meno immediata, ma sono sfumature di oro. Da assaporare a occhi chiusi, come Rancore che aspetta di alzarsi dal banco per spararci addosso io rancore di chi era Argentovivo e invece vive in un carcere.

N.B.

Farmi piangere a ogni ascolto non è cosa che farei così a cuor leggero, Daniele, che dicono sia piuttosto vendicativo. Detto con l’amore che sai.

Einar, Biondo e Sergio Sylvestre: 2

Ma che, davero.

Simone Cristicchi e Ermal Meta: 8,5

La canzone di Cristicchi, lo abbiamo detto, è una tra le più emozionanti del Festival. La voce di Ermal Meta una di quelle più in grado di trasmettere emozioni. Come dire, Simone, ti piace vincere facile…

Livio Cori, Nino D’Angelo e Sottotono: 7

Livio Cori è un ragazzo fortunato. È arrivato a Sanremo con Nino D’Angelo, coronando un suo sogno. E ha fatto riunire sul palco due sue idoli di gioventù, i Sottotono, per di più per duettare con lui. Ora manca di giocare a pallone con Maradona e direi che ci siamo. Comunque anche noi godiamo stasera di questa reunion, e non poco.

Achille Lauro e Morgan: 4

A sapere che Rolls Royce parla di droghe quasi viene da cambiare idea, anche perché l’idea di invitare Morgan, al momento il solo artista lasciato fuori dal Festival per sue dichiarazioni riguardo il crack (per altro pubblicate a tradimento), sembra quasi situazionismo puro. Ma in realtà la canzone continua a far cagare, e dire che Morgan la dipinge di rock, ma sa di già sentito e il testo, seppur dedicato alle droghe, è robetta.

Ligabue: 7

Ligabue non si discute. Che gli si vuol dire? Magari che l’ultimo singolo non è all’altezza dei vecchi brani eseguiti subito dopo, ma potrebbe essere semplicemente segno dell’incedere del tempo.

Anastasio: 2

Fossi in Anastasio non mi presenterei nei pressi di uno come Rancore. Si capisce troppo chi può e chi non può.