Ultimo tango a Parigi stasera in tv, per la prima volta in edizione integrale il film scandalo di Bertolucci

La commissione di censura nel maggio scorso ha tolto il divieto al film con Marlon Brando. Perciò può essere trasmesso in tv senza tagli. Appuntamento quindi su Rai 2, ore 21.20. Che effetto farà sugli spettatori di oggi un film che parla di sesso, morte e cinefilia?

Ultimo tango a Parigi stasera in tv

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Chissà come avrebbe commentato Bernardo Bertolucci, scomparso il novembre scorso, l’arrivo dell’edizione integrale di Ultimo tango a Parigi stasera in tv, in prima serata. Un percorso lunghissimo, quello del film scandalo per antonomasia, “uno degli esempi più clamorosi di mobilitazione totale dell’opinione pubblica e dei mass media”, come ha scritto lo storico del cinema Gian Piero Brunetta.

All’uscita, nel 1972-1973, fu un successo straordinario, il film italiano più visto di sempre, oltre 15 milioni e mezzo di spettatori. Poi il lungo iter processuale, con il sequestro, la sentenza di “distruzione del negativo” della Cassazione nel 1976 e quella di riabilitazione nel 1987, con una motivazione che parla di “un film con piena dignità di opera d’arte”. Nel maggio del 2018, infine, la commissione di censura ha tolto qualunque divieto al film, ormai per tutti, rendendone possibile la trasmissione televisiva senza tagli. E così vedranno Ultimo tango a Parigi stasera in tv gli spettatori, in edizione integrale, alle 21.20 su Rai 2, fortemente voluto dal direttore di rete Carlo Freccero.

Certo, conta molto il mutato comune senso del pudore in questi cinquant’anni, che non fa più sembrare scioccanti e irricevibili le sequenze di sesso. Non si può dire però che questo processo abbia pienamente “normalizzato” un film che resta profondamente divisivo: per la storia che scorre davanti alla macchina da presa; e per le polemiche legate al dietro le quinte, con la famigerata scena del burro decisa all’ultimo minuto da Bertolucci e Brando all’insaputa di Maria Schneider, che la visse come una violenza – “Mi sono sentita violentata e ancora oggi porto con me le sofferenze di qualche scena” dichiarò nel 2007. Al punto che qualcuno arrivò a ipotizzare, erroneamente è chiaro, che sul set potesse essere accaduto qualcosa di reale e non recitato.

E ora che non è più l’erotismo del film a irretire e lasciare sconcertati, emerge ancora più palese la natura luttuosa di Ultimo tango a Parigi. Che è il racconto disperato di un uomo di mezza età, Paul (Marlon Brando) il quale, rimasto vedovo per il suicidio della moglie, reagisce asserragliandosi dentro uno squallido appartamento preso in affitto. Lì comincia una relazione – sessuale? amorosa? – con Jeanne (Schneider), una giovanissima ragazza incontrata casualmente, con cui prende ad avere furiosi amplessi, senza voler sapere nulla di lei, nemmeno il nome – “Noi ci incontriamo senza sapere niente di quello che siamo fuori di qui. Dobbiamo dimenticare ogni cosa”, dice. La storia in gran parte è focalizzata sui due personaggi rinchiusi in uno spazio concentrazionario, dominato dal rosso del décor e dalle tonalità cupe, giallastre della fotografia di Vittorio Storaro – che il film si svolgerà in un ambiente asfissiante è dichiarato sin dai titoli di testa, che scorrono accanto a due ritratti, uno maschile e uno femminile, di Francis Bacon, coi suoi caratteristici luoghi astratti e disturbanti.

La relazione esclusiva tra Paul e Jeanne può essere interpretata tanto in chiave liberatoria – i due si fanno e si dicono reciprocamente cose che vanno al di là delle regole sociali, del buon gusto, del bene e del male – quanto autodistruttiva, perché si accentua e non si lenisce un dolore spinto sempre più a fondo, sino alle estreme conseguenze.

In Ultimo tango a Parigi è vistosa, come già rilevava all’epoca un recensore d’eccezione, Alberto Moravia, “la filigrana freudiana […] la psicanalisi adoperata come veicolo per un’irrazionalità furiosa, disperata, mortuaria. A tal punto che Eros, attraverso il sadismo e il masochismo vendicativi e sodomitici del protagonista, finisce per scambiare la parte con Thanatos”. L’intreccio di Eros e Thanatos nel film è palese, così evidente da avere qualcosa di didascalico e troppo programmatico – sempre Moravia infatti parlava di “un fascino freddo perché intellettualistico […] come un astro spento, lo si può guardare in faccia senza restarne abbagliati, cioè commossi”.

Qualcosa che commuove però nel film c’è, e dipende da un altro intreccio, tra realtà e finzione, che poggia integralmente sulla recitazione di Marlon Brando e sul modo in cui Bertolucci impiega questo mostro sacro, già all’epoca una sorta di mito cinematografico più che semplice attore. E come mito di celluloide viene mostrato in Ultimo tango a Parigi, quando viene presentata la biografia di Paul: “Faceva il pugile ma gli è andata male, poi è diventato attore, ha trafficato nel porto di New York, ha fatto il rivoluzionario nell’America del Sud, giornalista in Giappone, un giorno sbarca a Tahiti, s’arrangia, piglia la malaria, poi arriva a Parigi, e qui trova una con un po’ di soldi e se la sposa”.

Questa non è la vita del personaggio, è l’elenco dei ruoli interpretati da Marlon Brando, Fronte del porto, Viva Zapata!, Sayonara, Gli ammutinati del Bounty, cui viene aggiunto alla fine quello di Ultimo tango a Parigi. Il film insomma, vive di questa sovrapposizione tra il personaggio e l’attore (e l’uomo) che lo recita. “Brando – citiamo ancora Moravia – forse a causa della sua bravura straordinaria e senza dubbio autobiografica, si direbbe che piuttosto che la decadenza del proprio personaggio per molti versi irreale, interpreti quella di sé stesso”.

Ultimo tango a Parigi respira di un’autenticità che è molto legata al suo protagonista, al punto che lo si può persino guardare non come un film di finzione ma come un documentario su Marlon Brando. Il quale si mette in mostra con una trasparenza e un’adesione inusuali. Se c’è qualcosa di pornografico nel film è proprio in questa nudità dell’attore che si mostra alla macchina da presa per quello che è, con la sua storia, il suo corpo, l’incipiente decadenza. L’autobiografia di Brando, e vicariamente del personaggio, resta comunque ambigua, sfocata, multiforme. Infatti quando Paul si confessa sostiene che tutto ciò che dice è falso; e allo stesso modo è difficile capire quanto l’autenticità della recitazione di Brando possa essere presa per verità bella e buona. A confondere ancora di più le acque, nell’alberghetto che Paul gestisce, soggiorna un altro uomo, l’amante della moglie, che indossa addirittura una vestaglia uguale a quella di Paul. E a interpretarlo è un attore, Massimo Girotti, con una storia divistica tale da consentirgli di essere non tanto e non semplicemente il doppio di Paul, ma proprio di Brando.

Ultimo tango a Parigi è quindi un film di continui cortocircuiti tra realtà e finzione, intriso di quella cinefilia che ha costituito un punto nodale dell’ispirazione di Bertolucci, che s’è sempre nutrito del cinema del passato e suo contemporaneo. Lo si vede benissimo anche qui: negli oggetti, un salvagente su cui è scritto L’Atalante, titolo del capolavoro di Jean Vigo. E soprattutto nella scelta degli attori: Maria Michi, che aveva recitato in Roma, città aperta di Rossellini, e Jean-Pierre Léaud, volto iconico della nouvelle vague, nella parte d’un ingenuo regista, fidanzato di Jeanne, che crede fiduciosamente al cinéma vérité.

Chissà quindi, cosa avrebbe pensato Bertolucci di questa “prima tv”, perché tale è in fondo. E chissà, soprattutto, cosa potrà pensare il pubblico di oggi vedendo Ultimo tango a Parigi stasera in tv, una storia di sesso, morte e cinefilia, nutrita di istanze che appartengono inequivocabilmente a un’altra epoca del cinema.

Ultimo tango a Parigi (1972) di Bernardo Bertolucci, con Marlo Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud, Massimo Girotti, Maria Michi, stasera in tv su Rai 2, ore 21.20.

https://youtu.be/fcxIOjX6WME