Trip hop e rivisitazioni eccellenti, la recensione di Bubble of Dreams del power trio BowLand

Da "Sweet dreams" degli Eurythmics a "Get busy" di Sean Paul, il power trio iraniano rivisita importanti successi internazionali


INTERAZIONI: 57

Iraniani trapiantati a Firenze per studiare, i BowLand sono stati la rivelazione di X Factor 2018, con quel quarto posto che segue il primo di Anastasio seguito, a sua volta, da Naomi e Luna. Il loro progetto prende vita nel 2015 quando il power trio composto da Lei Low, Pejman e Saeed si incontrano a Teheran per poi ritrovarsi a Firenze e riprendere il lavoro.

“Bubble of dreams” è un EP di 6 tracce che si apre con Don’t stop me, l’inedito presentato in occasione della partecipazione a X Factor con la produzione di Paolo PischetolaFabio Gargiulo. Il brano, un sensualissimo trip hop che subito fa pensare a grandi nomi come Depeche Mode – quelli di Dream on in particolare – Massive Attack e Faithless, si regge soprattutto sul cantato di Lei Low. La voce si fa intensa e corposa, quasi in una sorta di rivisitazione del timbro di Anggun, per poi farsi innocente e ammiccante su una base elettronica dalla cassa onnipresente. Un corteggiamento all’ascoltatore, si può dire, che rimane incantato dall’amalgama perfetta che i BowLand creano grazie alla loro affinità, la stessa dimostrata nella cover di Sweet dreams (are made of this) degli Eurythmics.

Il brano è proposto in una versione più lenta rispetto all’originale, con un digeridoo nel ruolo del basso per sottolineare l’ambiente etnico che costituisce le fondamenta del progetto BowLand. L’elettronica, disturbata da distorsioni e rumori, include anche il celebre riff di chitarra della versione che Marilyn Manson incise per l’album “Smell like children”. All’originale dance degli Eurythmics e a quella industrial metal del Reverendo, il power trio aggiunge questa rivisitazione degna di essere ricordata: un arrangiamento morbido e inquietante, ma sottile nella classe scelta per i suoni e la struttura.

Drop the game è la terza traccia dell’EP “Bubble of dreams”, versione che i BowLand eseguono su un’originale di Flume e Chet Faker. Il brano, nato come elettropop, nella versione della band iraniana si apre con un dolce synth che si sposta con salti di quinta fino all’arrivo delle percussioni. Delicatissime, accennate fino a diventare un campionamento di spazzole jazzy sulle pelli sintetiche che ricorda la Shivaree di Goodnight moon. La vera sorpresa, però, arriva con Get busy di Sean Paul. La versione dei BowLand potrebbe essere stata composta dopo un ascolto ossessivo di “Mezzanine” dei Massive Attack, “Dummy” dei Portishead e “Black mass” dei Depeche Mode. Quasi irriconoscibile, se non fosse per il riff di chitarra in clean, il brano è l’esempio di quanto si possa personalizzare un brano per farne una cover.

La voce di Lei Low, amplificata dal riverbero, si interrompe dopo ogni frase per sottolineare il silenzio necessario quando si ascolta tutto “Bubble of dreams”. Si possono chiudere gli occhi, e un brano originariamente dancehall diventa una full immersion nell’introspezione acida del trip hop degli Hooverphonic, che non sono da trascurare quando si parla di influenze.

Il set di cover incise per “Bubble of dreams” vede i BowLand impegnati nella rivisitazione di No roots di Alice Merton. Dell’originale hanno mantenuto il groove trascinante, ma nelle mani dei power trio qualsiasi brano diventa profondità e atmosfera. I BowLand trasformano No roots in un brano dance con sofisticazioni dovute all’apporto di pad, rumori e riverberi. Sospiri e salti di ottava nel cantato, sovraincisi, permettono al brano di Alice Merton di svelare una facciata meno ruvida e più curvilinea, senza gli spigoli che accostano la Merton ad Adele e con più sfumature che avvicinano i BowLand ai Motel Connection.

“Bubble of dreams” si chiude con Senza un perché, il brano di Nada riportato al successo dalla fiction The Young Pope di Paolo Sorrentino. L’affascinante pronuncia di Lei Low non ha spogliato l’originale dal disincanto che caratterizza ogni brano della cantautrice di Gabbro: la cover è resa più malinconica, più fredda – per effetto dell’elettronica – e appuntita, perfettamente in continuum.

“Bubble of dreams” dei BowLand è la loro seconda prova in studio. Il primo album, “Floating trip”, è stato pubblicato nel 2017. Influenze etniche, elettronica e trip hop rendono la loro musica intrigante, e chiunque si trovi ad ascoltarli per la prima volta sente il bisogno di andare avanti e approfondirli. Solo una piccola, quasi insignificante pecca: i brani si interrompono bruscamente, quasi mozzati nell’ending, ma forse è anche questa la sorpresa dell’EP, perché i BowLand non sono affatto scontati.

In un’intervista rilasciata il 14 dicembre a La Nazione nel giorno dell’uscita dell’EP, i BowLand hanno annunciato di voler riprendere a lavorare sul secondo disco e di voler tornare sul palco.