Keith Richards compie 75 anni, tra riff e immortalità

La sua passione per la musica lo portò a resistere cinque giorni senza dormire: doveva finire di registrare un brano


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Il suo sorriso beffardo è nella memoria di tutti e pare proprio che Keith Richards, storico chitarrista dei Rolling Stones, abbia ancora tanto da suonare e comporre. Nato a Dartford nel 1943 già da bambino scoprì la sua passione per la chitarra, con quel primo strumento regalatogli dalla madre e con il quale imparò a suonare i brani di Billie Holiday e Duke Ellington. Keith Richards fa parte di quei musicisti che non hanno bisogno di virtuosismi per entrare nella storia: il suo posto nell’Olimpo del rock è assicurato dai suoi riff semplici ma ruggenti.

La sua storia è un’altalena tra genio e follia, perché se da una parte troviamo il Richards che partorisce Start me up(I can’t get no) SatisfactionPaint it black, dall’altra troviamo un continuo sopravvivere. Era il 1965, per esempio, e insieme agli Stones stava tenendo un concerto a Sacramento. Durante lo show si sentì un boato simile a uno sparo, e pochi secondi dopo il chitarrista rovinò al suolo privo di sensi. Il manico della sua chitarra aveva toccato l’asta del microfono, provocando una scarica elettrica che investì letteralmente Richards. Jeff Hughson, promotore della serata, pensò addirittura che qualcuno avesse sparato per ucciderlo. Poche ore dopo i medici appurarono che a salvarlo furono i suoi stivali di gomma, che avevano fatto da messa a terra impedendo che la corrente gli fosse fatale.

Sopravvisse e lo fece alla perfezione, perché Keith Richards si è sempre rivelato un instancabile perfezionista. Nel 1978 gli Stones stavano registrando l’album “Some girls” e il chitarrista – chiamato affettuosamente Keef – doveva incidere le sue parti per il brano Before they make me run. Per terminare il suo lavoro, Keef restò sveglio per cinque giorni di fila, con ingegneri del suono che si addormentavano e che lui, carico di adrenalina e pignoleria, sostituiva con altri più svegli.

Keith Richards è anche l’uomo degli eccessi. Non è dato sapere se sia vero, ma dichiarò a più riprese di aver sniffato un po’ delle ceneri del padre, Bertrand Richards, quando queste erano state disposte dentro un’urna. Nell’aprirla, un po’ di polvere era caduta sul tavolo, così Keef pensò di aspirarla. I suoi problemi con l’alcol e l’eroina lo hanno portato a dichiarare di aver smesso di bere da un anno. Il suo non è un vero e proprio addio agli alcolici, ma ha dato un taglio ai superalcolici. Si concede ogni tanto – racconta al Rolling Stone – qualche bicchiere di vino o una birra, e lo stesso Ronnie Wood degli Stones conferma che ora lavorare con Keef è più piacevole: il clima è più mite e Richards è più disposto ad accettare osservazioni sul lavoro svolto.

Oltre ad aver firmato i riff che hanno fatto diventare i brani dei Rolling Stones un capolavoro, Keith Richards ha pubblicato tre album come solista: “Talk is cheap” (1988), “Main offender” (1992) e “Crosseyed heart” (2015). Le sue influenze sono innumerevoli, e dimostrano il suo sempre acceso interesse verso tutto ciò che è musica: il blues e il rock primi su tutto, ma anche reggae, pop e soprattutto una passione smisurata per le ballate. Durante gli anni è arrivato a collaborare con Ziggy Marley e dal 1975 il suo amore per il ritmo in levare è stato trasportato all’interno del repertorio degli Stones. Un esempio è Hey Negrita, come Cherry oh babyFeel on baby.

Al di là dell’immagine tipica che lo mostra con l’eyeliner, la sigaretta in bocca e la camminata ciondolante, Keith Richards è, a tutti gli effetti, uno dei musicisti più influenti della storia della musica. Lo dimostra il riff iniziale della splendida Gimme shelter, tra i più imitati dagli artisti dei decenni successivi e che ci fa dimenticare di ogni cronaca scritta sul suo conto: droghe, alcol e incidenti non lo hanno scalfito, e Keith Richards è sempre al lavoro per inventare nuova bellezza.