TIM, Wind Tre e Fastweb sulla fatturazione a 28 giorni: l’intervento del Tribunale di Milano

Un altro tassello relativo alla questione a 28 giorni si aggiunge grazie al comunicato ufficiale di TIM, Wind Tre e Fastweb


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Ritorniamo sul discorso relativo alla fatturazione a 28 giorni in riferimento alla pubblicazione sui propri siti ufficiali da parte di TIM, Wind Tre e Fastweb della pronuncia del Tribunale di Milano. Il discorso cade inevitabilmente sull’inibizione delle clausole dettanti il rinnovo, nell’ambito della rete fissa, su base di 4 o 8 settimane, come regolato dalla legge 172/2017.

Da parte sua, Wind Tre ci ha tenuto a precisare di essersi già prodigata per l’applicazione della fatturazione su mese solare, allertando appositamente i propri clienti attraverso una serie di canali di comunicazione (direttamente in fattura, attraverso il sito ufficiale, mediante una chiamata con voce registrata oppure via email, e specificando che proprio sul sito è già presente un’informativa che mette al corrente i consumatori di ogni dettaglio possibile, avendo quindi eliminato tutti i riferimenti alla fatturazione ogni 28 giorni, che quindi non risulta più essere prevista).

Per quanto riguarda il comunicato ufficiale vero e proprio che TIM, Wind Tre e Fastweb sono stati tenuti a pubblicare sui rispettivi siti, ecco il testo a seguire, che vi invitiamo a prendere visione nella sua interezza:

“Il Tribunale di Milano, Sezione Undicesima Civile, all’esito di procedimento cautelare avviato da Associazione Movimento Consumatori, ha inibito a TELECOM ITALIA S.P.A. l’uso e gli effetti nei contratti di telefonia fissa (o di altri servizi offerti in abbinamento alla telefonia fissa), stipulati con i consumatori, di clausole che prevedono rinnovi e pagamenti su base temporale di 28 giorni/8 settimane. Sussiste, infatti, l’elevata probabilità che l’adozione e l’uso di tale periodicità, a far data dal 23.06.2017, leda diritti ed interessi collettivi dei consumatori, previsti dall’art. 2 Codice del consumo (1: diritto ad un’adeguata informazione ed ad una corretta pubblicità; 2: diritto a pratiche commerciali improntate a principi di buona fede, correttezza e lealtà; 3: diritto alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali) con violazione anche dei contenuti informativi minimi e del principio di trasparenza, previsti a favore dei consumatori utenti di servizi telefonici dagli artt. 70 e 71 Codice delle comunicazioni elettroniche. Sussiste, altresì, l’elevata probabilità che tale condotta si risolva in una pratica commerciale scorretta ingannevole, vietata dall’art. 20 Codice del consumo, in quanto l’adozione di tale periodicità (28 giorni), diversa da quella d’uso, appare contraria alla diligenza professionale ed idonea a falsare in maniera apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio, rendendo difficile la valutazione delle offerte ed il confronto tra le medesime, anche ai fini dell’esercizio della facoltà di recesso gratuito, prevista dalla legge in caso di mutamento unilaterale delle condizioni del servizio da parte dell’operatore telefonico”.

Circa i rimborsi previsti dalla delibera dell’AGCOM circa i periodo compreso tra il 23 giugno 2017 ed il 5 aprile 2018, Alessandro Mostaccio, il segr. del Movimento Consumatori, ha sconsigliato ai gestori telefonici il ricorso al Tar (la questione, balzata agli onori della cronaca qualche giorno fa, ha destato un grande clamore). Staremo a vedere cosa i vari provider decideranno di fare, e se daranno ascolto immediato alla delibera sopra citata.