Recensione The Evil Within 2, abbiamo ancora bisogno di survival horror

Più aperto, più complesso ma anche "meno giapponese": questo è The Evil Within 2.

The Evil Within 2

INTERAZIONI: 7

Per anni il survival horror è stato accantonato come genere videoludico. Da quando Shinji Mikami ha abbandonato la saga di Resident Evil la serie di Capcom è diventata sempre più action, per poi riprendersi con una nuova formula per il settimo capitolo. Poi tre anni fa è arrivato The Evil Within, titolo che voleva riproporre i fasti del genere ormai messo in ombra, infatti era proprio a firma Mikami, considerato da non pochi il padre del survival horror. Aveva buone intuizioni ma non è stato un titolo memorabile, probabilmente un po’ legnoso e con idee non sviluppate al meglio.

Tango Gameworks e Bethesda ci riprovano con The Evil Within 2, che vedremo oggi in sede di recensione, anche se per questo capitolo la mani di Mikami è più leggera e si vede. The Evil Within 2 riprende la storia del precedente capitolo ma lo “libera” nel gameplay, proponendo un approccio più open, anche se fino a un certo punto. La storia prende il via poco dopo la conclusione del primo titolo e lo STEM è ancora protagonista, un meccanismo grazie al quale la mega-corporazione Mobius è riuscita a creare Union, che sembra una piccola città americana ma che invece precipita nel caos, piena di mostri di ogni genere e psicopatici. Per creare Union la Mobius ha usato la mente pura di una bambina, Lily, proprio la figlia del protagonista, il detective Sebastian Castellanos che avrà l’obiettivo di trovarla e salvarla da questo mondo infestato.

The Evil Within 2 richiama molto Silent Hill, altra grande serie di survival horror psicologico: lo si nota dalle strade interrotte e collassate, dallo strumento di Sebastian per individuare le voci e le missioni in lontananza, dagli orribili mostri che si aggirano per Union urlando e contorcendosi. Tutto quello che accade in realtà rimanda ad altri esponenti del genere, da The Last of Us (rapporto padre-figlia e uccisioni stealth) passando per Outlast II e finendo chiaramente con Resident Evil 7. La città di Union è stata creata dalla mente perversa di chi ci abita. Si verrà quindi catapultati in questa cittadina esplorabile alla ricerca di Lily: si potranno percorrere strade, entrare negli interni delle case e negozi, incontrare personaggi secondari.

Il mostro dentro

Il gameplay di The Evil Within 2 alla base è molto simile al predecessore, anche se l’aggiunta dell’esplorazione più open aggiunge un pizzico di sale in più, noi la preferiamo decisamente. Sia chiaro non è un mondo enorme da esplorare, ma il giocatore potrà decidere di attivare il ricevitore per captare segnali dal passato che potrebbero portare anche a missioni secondarie: salva il passante, scova materiali utili. Insomma è il level design ad essere differente, non il sistema di combattimento e in questo senso gli sviluppatori hanno fornito più respiro al gioco, dando la possibilità ai giocatori di decidere il ritmo delle partite.

Mentre si esplora Union si potranno trovare in giro, rompendo le casse o sparsi nelle stanze, oggetti vari utili al miglioramento delle armi o alla creazione di munizioni e medikit, mediante appositi banchi presenti nei rifugi dove si può salvare. La ricerca di questi oggetti accompagna quindi tutte le fasi di gioco e piacerà a chi ama l’esplorazione, è un elemento positivo a nostro giudizio, anche perché non siamo ai livelli di un Fallout 4 dove ogni secondo di gioco si possono cercare cianfrusaglie in giro, qui è tutto più bilanciato.

Oltre a questo una volta uccisi i nemici si riceverà di tanto in tanto un gel verde, che se raccolto sarà spendibile per migliorare le abilità di Sebastian: forza, recupero energia, furtività, sarà il giocatore a decidere come far crescere il protagonista. La furtività, come il primo capitolo, gioca un ruolo importante anche in The Evil Within 2. Scordatevi, almeno nelle prime fasi di gioco, di “fare i Rambo” contro i mostri simili a zombi. Meglio avere un approccio più stealth e ucciderli col coltello di soppiatto, anche se successivamente nel gioco i mostri diventeranno sempre più potenti e sarà più difficile l’uccisione con le armi bianche, in alcuni casi si dovrà solo scappare.

Quanto è bello l’horror

Graficamente The Evil Within 2 si difende e finalmente elimina le fastidiose bande nere del primo capitolo. Non è un capolavoro di tecnica ma la direzione artistica è buona e graficamente è decisamente superiore al primo capitolo. Buona l’illuminazione e la quantità poligonale, insomma in generale è stato fatto un lavoro tecnico gradevole (per quanto gradevole possano essere mostri urlanti che cadono a pezzi). Non è una tech demo da mostrare agli amici, ma un gioco da dover fruire da solo, magari con le cuffie e al buio, se avete il coraggio di farlo.

Riesce a spaventare con i giusti ritmi, anche se la storia non è poi così originale, ma i jumpscare ci sono anche se non in maniera eccessiva. Chiaramente dipende quanti survival horror avete giocato Si vede comunque che la direzione del gioco è “meno giapponese” e più occidentale dal punto di vista artistico e visivo: The Evil Within 2 infatti non è diretto da Shinji Mikami ma da John Johanas, che per il primo capitolo ha curato gli effetti visivi. E sapete una cosa? L’abbiamo preferito al primo capitolo.

The Evil Within 2 è più grande, con personalizzazioni più complesse anche se non si trasforma in un gioco di ruolo, ma anche meno ostico del primo, almeno questa è stata la nostra impressione. Di sicuro giocato ai massimi livelli di difficoltà la sfida diventa più alta. C’è da dire che comunque il titolo guida di più anche essendo a vocazione open, ma in generale sembra essere più digeribile per un pubblico occidentale. Chi cerca un buon horror per questo Halloween comunque non rimarrà deluso.

PRO

CONTRO

VOTO: 8.5/10