Chiudere Facebook. Dopo gli insulti bestiali al figlio di Bonucci, bisogna chiudere Facebook e gli altri social. Chi amplifica l’auspicio di morte di un bambino malato deve esser chiuso immediatamente. Basta con queste esternazioni bestiali che ad ogni evento si scatenano.Facebook è responsabile di queste porcherie e merita di esser chiuso. Senza indugio alcuno.
Il trasferimento di Bonucci dalla Juventus al Milan ha scatenato la rabbia della componente più becera del tifo bianconero. Facebook, insieme agli altri social, è diventato il vile sfogatoio di delinquenti vigliacchi che hanno invocato la morte del figlio di Bonucci che da tempo combatte contro una tremenda malattia (leggi di più).
Insulti che si ripetono puntualmente ad ogni trasferimento illustre come quello di Higuain dal Napoli alla Juventus. La vigliaccheria non ha colore di maglia. Ma il punto della questione è ormai andato oltre ogni tollerabilità. Facebook è diventato un far west senza regole. Ognuno ritiene di poter vomitare insulti e dannazioni senza rispondere minimamente delle sue affermazioni. E chi come me usa la rete per comunicare deve combattere quotidianamente non contro le idee avverse, sempre benvenute, ma contro gli insulti di chi non avendo idee proprie offende in ragione dell’aspetto fisico, dell’appartenenza politica, della residenza, del credo religioso. Per questo motivo sostengo che bisogna chiudere Facebook immediatamente.
Siamo ad un punto di non ritorno e credo che la responsabilità di Facebook sia evidente perché consente la partecipazione senza regole. Io sono dell’idea che bisogna chiudere Facebook e riaprirlo dopo aver impostato imposto regole severe: niente profili anonimi, rigoroso accertamento dell’identità dei partecipanti, blocco immediato e definitivo di chi esprime insulti di ogni tipo, sanzioni economiche per i responsabili dei social network con risarcimenti per le persone insultate ed offese. Non si tratta di limitare la libertà d’espressione e di pensiero ma di stabilire un legame chiaro tra parole dette e responsabilità.