Cannes 2017, oggi c’è Fortunata di Sergio Castellitto. Ma il mélo è sopra le righe

Nel nuovo film della coppia Castellitto e Mazzantini, Jasmine Trinca è una madre coraggio di borgata che si barcamena tra un ex marito violento, un nuovo amore e un sogno nel cassetto. Nel cast Stefano Accorsi e Alessandro Borghi. Ma il film è da dimenticare.

Fortunata il film di Sergio Castellitto a Cannes 2017

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Ritorna la coppia sul set e nella vita Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini, rispettivamente regista e sceneggiatrice di Fortunata, il film italiano oggi a Cannes 2017, nella sezione Un Certain Regard.

Castellitto ritrova come protagonista, dopo Nessuno si salva da solo, Jasmine Trinca, che stavolta è la borgatara romana Fortunata, madre d’una bambina di otto anni, in via di separazione da un marito violento (Edoardo Pesce) e col sogno, lei parrucchiera a domicilio, di aprire un vero salone di bellezza, insieme all’amico di sempre Chicano (Alessandro Borghi, con look conseguente), ragazzo bipolare con madre con Alzheimer al seguito (l’icona Hanna Schygulla che fa l’icona Hanna Schygulla). Fortunata conosce Stefano (Stefano Accorsi), psicologo della Asl che deve valutare le condizioni della bimba in vista dell’affidamento. Ed è un incontro che, forse, potrebbe cambiarle la vita.

Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini hanno confezionato un melodramma sovraccarico, ridondante e privo di lucidità. Forse, come ha dichiarato Sergio Castellitto, “Fortunata è una Madame Bovary delle borgate romane”, o magari Antigone, nome che sbuca fuori più volte dai vaniloqui dell’ex attrice impersonata dalla Schygulla, o magari addirittura un nuova Mamma Roma (ma Pasolini non c’entra davvero nulla). Tra le ambizioni dei più volte rimarcati riferimenti alti, però, il film frana fragorosamente, con la sua posticcia e poco sentita ambientazione di borgata, meno importante delle (numerose) sedute dallo psicologo della bambina, momento didattico in cui le ferite dei personaggi dovrebbero trovare una spiegazione chiara e distinta – come didascalico è l’uso delle musiche, che intervengono sempre alla fine delle sequenze, per commentare e dare ancora più evidenza ad azioni ed emozioni dei personaggi.

Fortunata ha il difetto di voler offrire sempre risposte, con scene madri in cui i drammi dei protagonisti si mostrano – e si comprendono – in maniera inesorabilmente esplicita. Un film urlato, privo di sottigliezze, che soffre anche degli scompensi di personaggi disegnati grossolanamente – come lo psicologo posato e comprensivo che però all’improvviso esplode senza motivo apparente in un monologo appassionato, una sequenza discutibile e involontariamente ridicola in cui sembra di rivedere l’Accorsi dei più gridati film di Muccino. Fortunata è anche un catalogo di disgrazie, disturbi della personalità, traumi indelebili: un sovraccarico emotivo che obbliga gli attori a faticare molto per cercare di impersonare credibilmente questi caratteri piuttosto improbabili (l’unico a trovare una misura a nostro avviso è Edoardo Pesce).

Ad aggravare la già affollata tavolozza melodrammatica, Castellitto aggiunge l’ambientazione in un quartiere multietnico tra cinesi e arabi, e il dramma dei migranti di Lampedusa che fa capolino dagli schermi della tv. Elementi che dovrebbero dare spessore alla vicenda e invece alla fine fanno solo cattiva sociologia. Tutte cose che fanno temere sul tipo di accoglienza che potranno ricevere Fortunata e Sergio Castellitto a questo Cannes 2017.

https://youtu.be/Cv47a8di5p0