Se la canzone di Gabbani l’avesse cantata Battiato, non si sarebbe lamentato nessuno.

Il balletto dello scimmione e una banale musichetta orecchiabile hanno piegato la densità della Mannoia e il talento di Ermal Meta. In molti hanno storto il naso, me compreso, ma poi forse ho capito.


INTERAZIONI: 2359

Come milioni di italiani ho osservato il simpatico topino baffuto agitarsi sul palco di Sanremo senza produrre in me alcun tipo di attenzione, solo un certo diffuso fastidio per un linguaggio fisicomusicale pacchiano che non mi coinvolgeva. Un rifiuto epidermico oltreché cerebrale. Nel frattempo notavo la naturale attrazione giovanile e per lo più femminile verso il personaggio, i neuroni-specchio di ragazze attempate e non, venivano attivati dalle movenze del rattocantante, suscitando un’emulazione scomposta pressoché immediata negli arti delle varie sciagurate da me osservate. Poco male, gli ometti danzanti hanno da sempre facile presa sulle percezioni uterinomusicali del popolo rosa, niente di nuovo sotto il sole, dopo pochi secondi il caso era risolto e pensavo già ad altro. Poi il podio, di nuovo lo strano topino saltellante, la regal Mannoia ed il talentuoso Ermal Meta costretti a cedergli il passo. Ok il caso meritava maggiore attenzione.

Perché un adulto mediamente istruito non digerisce la vittoria di Gabbani? Il testo qualche messaggio lo lancia, qualche citazione la osa, in filigrana si scova una certa intelligenza. Occidentali’s Karma, scritta da Fabio Ilacqua (un tizio colto e antismartphone ritirato nel suo orto nelle campagne varesine e già autore di Amen), è figlia di letture e considerazioni bagnate di antropologia, poesia e critica sociale. Insieme alla scimmia e al topo su quel palco ballano Marx, Morris, Quasimodo e qualche parente del Dalai Lama. Un bel frullatone ma pur sempre interessante per la platea non scicchissima dell’Ariston. Allora se la canzone in qualche modo tiene, il problema qual è esattamente?

Il problema è che c’aveva ragione Steinbeck. Visto che si balla tra le citazioni allora balliamo: L’uomo è un animale che vive di abitudini, si affeziona ai luoghi e detesta i cambiamenti. A noi che abbiamo passato i quaranta, malgrado uno strenuo tentativo di flessibilità, non piace essere destabilizzati, abbiamo i nostri sentieri tracciati e gli archivi mentali in qualche modo ordinati, anche e soprattutto inconsapevolmente. Sta di fatto che il luogo steinbeckiano della canzone di Gabbani, nel nostro cervello è già abitato. Ci sono gli Elio, con etichetta Canzoni comiche e piene di parole ma intelligenti, c’è Gaber, c’è Jannacci, ma soprattutto c’è Battiato, con etichetta Canzoni anche talvolta divertenti ma profonde abbestia e non vogliamo cambiamenti o intrusioni, il personale è al completo e gli siamo affezionati.

Quando il buon Franco si agitava dinoccolato col nasone e il codino negli anni ottanta cercando il suo centro di gravità permanente o urlando cuccuruccuccù paloma con un megafono, ebbene erano pochi a sforzarsi di trovare dei messaggi nelle sue opere, la tendenza più diffusa era quella di citarlo in qualità di freak o fenomeno che faceva figo sfoggiare in quanto nuovo e incomprensibile. Per il pubblico a casa, per la pancia del paese, era solo un tipo strano che infestava i programmi musicali. Ma chi è sto cretino? Che minchia dice? Ancora?

Battiato, per un processo tipicamente italico di down-up reputation, solo dopo molti anni divenne progressivamente supercolto e poi maestro, lasciandosi dietro le pelli di insolito giullare con cinghiali bianchi e vecchie bretoni.

Il problema è dunque Francesco Gabbani nella sua persona. Il suo essere nuovo e non ancora salvato con nome, sovrapposto a solide icone già allocate. Lui irrita il nostro pensiero e il nostro ordine mentale. Non vogliamo associare messaggi di spessore alla sua insipiente presenza scenica, ci difendiamo consegnandolo alla leggerezza meritevole di nulla, insieme a tutto il festival che ha guastato.

Capiremo solo con il passare del tempo se il topino si guadagnerà i gradi per essere accolto e passare da buffone a profondo. La strada però è lunga e travagliata, parliamo di carriere pluridecennali di veri highlanders della musica che si sono difesi in battaglia con mazze e spadoni. Quindi in bocca al lupo Francesco e occhio ai tritacarne musicali odierni, continuerai a non piacermi ma almeno ho capito perché.

Intanto, caro Fabio Ilacqua, per la mia pace mentale, torna indietro nel tempo, dai quella canzone a Battiato, fagliela cantare e ballare e tutto tornerà come prima grazie.

https://twitter.com/Capsicum__/status/829450157976670208