Suicide Squad, il noir con supereroi che sembra la parodia di se stesso

Sull’onda dei film su Batman e Superman, anche la pellicola diretta da David Ayer segue lo stile adulto e problematico delle pellicole tratte dai fumetti della Dc Comics. Ma la complessità resta sulla carta. E la storia del gruppo di supercattivi che diventano eroi è schematica e con un intreccio abbastanza confuso. Incolore il Joker di Jared Leto.

Suicide Squad

INTERAZIONI: 73

Il segretissimo progetto del Governo degli Stati Uniti promosso dall’agente Waller (Viola Davis) prevede la formazione di una squadra per difendere la sicurezza nazionale composta dai peggiori criminali in circolazione. La ricetta di Suicide Squad, il blockbuster supereroistico targato Warner-Dc Comics e diretto da David Ayer, è insomma quella classica della sporca dozzina. Infatti la prima parte del film è una puntigliosa, adrenalinica presentazione dei componenti del team, da Deadshot (Will Smith), freddissimo killer a pagamento il cui cuore però si scioglie per l’adorata figlia adolescente, ad Harley Queen (Margot Robbie), psicologa divenuta assassina psicopatica per amore del Joker (un fiacco Jared Leto).

La coraggiosa uscita agostana di Suicide Squad è stata ripagata da un incasso di oltre un milione nel primo giorno di programmazione, che fa eco a risultati abbastanza lusinghieri sul mercato mondiale (quasi 400 milioni finora), nonostante la quasi unanime bocciatura della critica.

Il film segue la formula di altre pellicole tratte da fumetti Dc Comics che, come Batman v Superman: Dawn of Justice, raccontano personaggi problematici che si muovono in una zona grigia morale e psichica nella quale bene e male sfumano uno nell’altro. In teoria perciò nulla di meglio d’un gruppo di reietti colpevoli di delitti innominabili (il fiammeggiante El Diablo in un accesso d’ira ha addirittura sterminato la famiglia) e tuttavia capaci di ritrovare la propria dignità e un posto nel mondo.

Purtroppo Suicide Squad è un racconto sfilacciato, che punta su singoli elementi (la presentazione dei personaggi, una colonna sonora ruffiana e invadente, i colori acidi) e non sulla coerenza narrativa dell’insieme. Un film privo di centro, nel quale è difficile capire anche chi incarni la vera minaccia: l’Incantatrice (Cara Delevingne) e il suo imprecisato progetto di distruzione del mondo? Il Joker seduttore che ha trascinato la romantica tardoadolescente Harley verso il lato oscuro? O il governo americano, esperto in trame innominabili, insabbiamenti e torture? Allora forse il vero cattivo di Suicide Squad è lo spietato agente Waller, che ricatta la sua “squadra di gente cattiva che fa qualcosa di buono” con dell’esplosivo innestato sottopelle pronto a esplodere al primo atto di disobbedienza.

I progetti più personali di David Ayer erano dei noir incentrati su poliziotti tortuosi e corrotti (la sceneggiatura di Training Day, La notte non aspetta) e forse la sua idea era di innestare quella stessa complessità nel grande spettacolo di un film di supereroi. Ma in Suicide Squad l’ambiguità resta sulla carta e i moventi degli eroi sono quelli di sempre, positivi e cristallini: voglia di riscatto, rimorso, spirito di gruppo, amore filiale.

Per tutto il film l’agente Waller porta con sé un corposo faldone che contiene le biografie dei criminali e i dettagli della missione segreta, sulla cui copertina c’è scritto a caratteri cubitali “Top Secret”, una trovata involontariamente comica che sembra uscita da un film demenziale anni Ottanta. Un dettaglio che è la sintesi perfetta di Suicide Squad: un progetto nato come noir superoistico adulto e trasformatosi alla fine nella parodia di se stesso.