La favola calcistica del Leicester. Il parere del nostro Optima Erasmus Student Fabio Partipilo

La parola al nostro OES Fabio Partipilo sulla vittoria del Leicester


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All’indomani della vittoria del Leicester sono molte le valutazioni da fare. Per prima cosa ci troviamo di fronte ad una piccola squadra che vince uno dei campionati più seguiti al mondo. Oggi c’è una comunità intera di tifosi che si domanda ancora: “sogno o son desto?”, puoi commentare per i lettori di OptiMagazine questa vittoria?

Mister Claudio Ranieri, un orgoglio per noi italiani e per l’intera squadra del Leicester, non hanno solo vinto la Premier League, hanno dato vita ad un miracolo sportivo, uno di quelli che capitano una volta ogni 100 anni. Per quanto riguarda i tifosi del Leicester, oltre a far loro sentiti complimenti per il calore e il colore offerto negli stadi, devono sapere che non erano soli a tifare i “Foxes”, al loro fianco gioivano e gridavano quasi tutti i tifosi di calcio d’Europa uniti dal sogno di stravolgere le “regole”.

Tendenzialmente, nel calcio siamo sempre portati a focalizzarci sui club più grandi e più esclusivi, sugli allenatori che diventano influencer, sui giocatori che segnano di più. In che modo credi che l’avventura del Leicester possa insegnare anche ai tifosi ad andare oltre tutto questo?

Parlo da tifoso di una squadra di calcio non blasonata: il Bari.
I tifosi, così come gli addetti ai lavori del mondo calcio, dovrebbero sapere che oltre alle montagne di soldi c’è molto altro.
Oggi il Leicester lo ha dimostrato: il cuore, l’amalgama e la voglia di vincere e diventare qualcuno, se pur di rado, possono vincere sul potere dei soldi e di chi fa le regole per salire sempre sul carro dei vincitori.

Il sindaco della cittadina inglese ha detto che in caso di vittoria avrebbe intitolato una strada a Ranieri. L’allenatore romano è riuscito a mettere insieme una squadra, a compattarla e ha vinto. Il suo percorso sembra quasi tradursi in “nessuno è profeta in patria”. Cosa pensi di questo?

Gran parte dell’impresa ha la firma di un uomo solo: l’allenatore Claudio Ranieri.
Nel calcio moderno, il carisma, la forza, il coraggio, lo spirito e le competenze tattiche di un allenatore, a volte contano più degli 11 che scendono in campo.
Claudio Ranieri, uomo simbolo di questo Leicester, con la sua umiltà, tenacia e simpatia ha reso questo sogno realtà trovando il suo primo successo importante in carriera, nell’ombra e senza essere accecato dai forti fari che puntano su chi è costretto a vincere.
In questo modo è stato possibile vederlo all’opera in tranquillità, in un clima più sereno e meno ostile rispetto alle piazze allenate nel suo passato in Italia.

Questa squadra è ricca di storie personali e sportive, oltre a quella di Ranieri, c’è quella di Vardy, di Mahrez ecc. Quale ti ha colpito e impressionato di più e perché?

Jamie Vardy da operaio a stella del calcio mondiale. Sicuramente è lui l’anima di questa squadra, il goleador che solo pochi anni fa doveva lavorare in fabbrica per poter arrivare a fine mese, perché il suo stipendio da calciatore era misero. Il suo passato gli è tornato utile per avere quella fame in più, rispetto ai suoi colleghi, per far meglio dimostrando giornata dopo giornata che nel campo bisogna dare il massimo per vincere e diventare qualcuno. Oggi è richiestissimo da molti club d’Europa, è nella nazionale Inglese agli Europei 2016 e presto la sua storia sarà trasmessa nel grande schermo. Good Job Jamie!

Ormai il nostro campionato sembra essere regolato sempre dalle stesse dinamiche. Perché in Italia non è possibile che si realizzi una favola come quella del Leicester?

Le dinamiche che regolano il calcio sono le stesse ormai in qualsiasi campionato, il divario tecnico tra le squadre più ricche e quelle provinciali è sempre più evidente, ma così come è capitato nel campionato Inglese come una meteora, perché no, potrebbe un giorno accadere nella nostra serie A.

Quale squadra nel nostro campionato potrebbe o avrebbe potuto fare una scalata del genere e perché?

In Italia qualcosa di simile potrei immaginarla in realtà piccole, lontane dai riflettori, come possono essere Sassuolo o Chievo Verona, ma perché non sognare, anche una piazza grande come Bari, che vive di pane ed entusiasmo potrebbe chissà un giorno regalare a noi tifosi un sogno del genere.

Cosa credi che debba cambiare nel calcio italiano?

Il calcio italiano si sta sporcando sempre più di inchiostro nero stampato su quelle viscide banconote, ormai si stenta a credere a quello che vedi, gli interessi sono troppi e questo non fa che far crollare le speranze di vedere una Nazionale competitiva.

Credi che gli italiani siano affetti da “calciocentrismo”? Siamo troppo concentrati su un unico sport?

Si, in Italia esiste solo il “Dio calcio”, questo non per tutti ovviamente, io in primis mi interesso di altri sport praticandone diversi, ma i giornali e le tv concedono quasi il 90% del proprio spazio solo a questo sport, deviando la mentalità polisportiva che dovrebbe nascere già da bambini.

Il tuo primo ricordo legato al calcio.

Il mio primo ricordo legato al calcio, non ha a che fare né con una sfera rotonda né con il prato verde appena tagliato. Nella mia famiglia il calcio non è mai stato molto seguito, chi mi ha iniziato è stato mio cugino Attilio, perciò se penso ai miei primi ricordi legati al calcio, sono sicuramente le forti emozioni provate nell’entrare allo stadio S.Nicola. Le prime volte a 6 o 7 anni, ricordo ancora la sua felicità dopo un goal del Bari e le sue braccia che mi facevano volare in cielo, quelle emozioni e quell’entusiasmo ho iniziato a capirle solo dopo qualche anno.