Martirio di Santo Stefano. Attico del cardinale Bertone

Santo Stefano è il primo martire della fede. Un esempio di amore e coerenza in un'epoca di relativismo, potere del denaro, persecuzioni e stragi disumane nel nome della fede

Santo Stefano protomartire

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Quella di Santo Stefano è la festa che segue immediatamente il Natale. Santo Stefano è infatti venerato nella liturgia cristiana come il protomartire, il primo cioè a versare il suo sangue per testimoniare fino all’estremo sacrificio della vita la fede cristiana.

In queste ore festive non vedo circolare molte immagini di Santo Stefano e neanche invero di Gesù Bambino. Vedo tavole imbandite, pacchi regalo, babbi natale d’ogni foggia ma Gesù Bambino il festeggiato principale è praticamente ignorato.

Il Santo Natale è diventato, purtroppo, qualcosa di molto diverso dalla sua essenza religiosa. E’ diventato il pretesto per l’ennesima abbuffata consumistica, ammantata dalla “magia del Natale”. Il Natale non è magico. E’ l’incontro tra Dio e l’Uomo. Speriamo che Santo Stefano ci aiuti a ricordarlo, smaltiti gli avanzi del cenone e spacchettati gli ultimi regali.

Il martire è un esempio, questa l’etimologia della parola, per tutti noi. Santo Stefano è un esempio di coerenza, di dedizione, di dignità e libertà. Per difendere la sua fede non esitò ad accettare l’ingiusta lapidazione pregando Dio di “ non imputare a colpa degli aguzzini il suo scempio”.

Santo Stefano è un martire dell’amore, quello vero che non bada a convenzione. Che non ha paura delle conseguenze più tragiche. In un’epoca di devastante autoreferenzialità Santo Stefano ci ricorda quali sono i valori veri che possono dare il senso ad una vita. Non l’attico faraonico del Cardinale Bertone, ma la misericordia di Papa Francesco; non le preghiere bigotte ma la conversione dei cuori; non l’elemosina del superfluo ma l’aiuto concreto a chi soffre nel corpo e nello spirito. Quanto abbiamo da imparare da Santo Stefano ogni giorno della nostra vita e non soltanto dopo la celebrazione del Natale in un mondo nel quale ancora – in nome della fede si compiono – stragi disumane e tanti cristiani non possono vivere e praticare la loro fede liberamente.