Quanti sono i teatri che al loro secondo anno di vita e con ancora 8 spettacoli in cartellone prima della fine della stagione, possono già dire di aver raddoppiato (e forse triplicato) il numero di spettatori della precedente stagione?
Davvero pochi, forse non riesci a contarli neanche sulle dita di una sola mano. Se poi a questo si aggiunge che il teatro in questione è in un quartiere estremamente popolare, noto alle cronache più per eventi criminali che di natura culturale, il fatto assume un che di miracoloso.
Il teatro in questione è il Nuovo Teatro Sanità, e oggi Optimagazine ne incontra il suo direttore artistico Mario Gelardi. La chiacchierata con l’autore della versione teatrale di Gomorra (scritta a 4 mani con Roberto Saviano), è all’impronta dell’entusiasmo.
Un entusiasmo che viene dai numeri fatti al botteghino che Mario spiega come frutto di una programmazione che, seppur privilegia compagnie giovani, non perde mai di vista la qualità e che coniuga la magia del teatro (l’uso delle luci, della scenografia, della musica) con l’attualità, con l’impegno, con un linguaggio che appartiene alla quotidianità e, ulteriore nota positiva, con prezzi molto accessibili.
Troppo facile sarebbe stato, magari, fare teatro dialettale o cabaret: qui, nel Rione Sanità, si fa teatro civile, l’unico tipo di teatro che Mario Gelardi conosce. E allora a dicembre il teatro è “uscito fuori dalle sue mura” ed è entrato in altri luoghi del quartiere, mentre a gennaio tutto il mese è stato dedicato all’anniversario della morte di Pasolini con spettacoli e reading.
“Abbiamo intercettato – ci spiega il drammaturgo – un pubblico che si sentiva orfano di questo tipo di teatro, un pubblico che è fatto soprattutto di donne tra i 25 e i 40 anni, ma non solo”. Un pubblico, soprattutto all’inizio, molto timoroso e che Gelardi e il suo staff di 10 professionisti del settore, hanno faticato a convincere a varcare i confini di un quartiere come la Sanità. Un pubblico che ha trovato nel Nuovo Teatro Sanità, una “casa del teatro”, una “residenza” come direbbero gli addetti ai lavori. Cioè un luogo sempre aperto e in cui trovi chi risponde alle tue domande. Anche per questo oggi la soddisfazione è ancora più grande.
Una soddisfazione che si nutre tanto anche del rapporto con i ragazzi del quartiere coinvolti nei laboratori teatrali. Sono circa una ventina e hanno tra i 17 e 24 anni e non studiano solo da attori (alcuni sono entrati nella compagnia stabile del teatro, altri ancora in compagnie diverse) ma apprendono anche i molti altri “mestieri” del teatro, dal fonico, all’addetto alle luci. E alcuni di loro – ci dice Mario – hanno i numeri per frequentare una scuola di teatro di caratura nazionale.
“Sono bravi – spiega il regista e autore – ma soprattutto hanno una grinta che poche volte ho conosciuto. Noi abbiamo fatto intravedere loro che esiste una possibilità anche per chi nasce in un quartiere come la Sanità. Ciò che conta è che si abbia passione e dedizione. Che ci si impegni”. Ecco, impegno è la parola chiave di questo progetto. Un progetto che non conosce sovvenzioni pubbliche, che vede tutti i professionisti impegnati a lavorare a costo zero. Uniche entrate, i biglietti che poi servono soprattutto a coprire le spese. Eppure a marzo Tino Caspanello, autore siciliano osannato in Francia e non solo, sarà a Napoli solo per tre date e sapete dove andrà? Al Nuovo Teatro Sanità.