Il grande Lebowski è un film che va tramandato alle generazioni future, lo dice la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti

Il dissacrante capolavoro cult dei fratelli Coen è stato scelto tra le venticinque pellicole “culturalmente, storicamente e esteticamente significative” che ogni anno prendono posto nel catalogo del National Film Registry.


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Il Drugo adesso ha un posto d’onore nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti d’America e probabilmente ci entrerà in accappatoio, sorseggiando un white russian, con le ciabatte di plastica ai piedi. Il grande Lebowski è stato scelto, infatti, tra i venticinque film che quest’anno entreranno nella lista del National Film Registry, la selezione delle opere cinematografiche ritenute culturalmente, storicamente o esteticamente significative dal National Film Preservation Board degli Stati Uniti. Per essere inserite nell’elenco, le pellicole devono essere state prodotte negli Stati Uniti, avere compiuto almeno dieci anni e presentare elementi che le rendano meritevoli di essere tramandate alle generazioni future.

Il grande Lebowski, opera dalle molteplici chiavi di lettura, è un ritratto ironico e dissacrante della disillusione sociale che si stava imponendo accanto ai valori classici (o che l’aveva già fatto!) alla fine degli anni Novanta. Il tutto racchiuso nel personaggio del Drugo, il guru trasandato e fannullone che vive fumando marijuana e giocando a bowling, sognando un paradiso dalle sembianze di una pista di legno, con un buco alla fine. Come accade a quasi tutti i film destinati a lasciare il segno, fu piuttosto sottovaluto nel periodo dell’uscita nelle sale, nel 1998, e non suscitò particolari clamori. In molti, evidentemente, non si erano accorti che nei 119 minuti di scambi di battute tra jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi, John Torturro e P. Seymour Hoffman era ritratta alla perfezione l’antitesi dell’american way of life, quello stile di vita votato alla produttività e all’ambizione, professato (ai tempi, ma non solo) come giusto. Il merito de Il grande Lebowski è stato proprio quello di mettere in discussione l’assolutezza di questo mantra esistenziale e rivendicare l’esistenza di un altro modo di concepire la vita, che non deve rientrare per forza nello schema preconfezionato del “tutto lavoro e famiglia”.

Al cult capolavoro dei fratelli Joel e Ethan Coen sono state riconosciute tutte le carte per entrare nella shortlist del National Film Registry e la cosa, da un certo punto di vista, fa sorridere: un lavoro che mette in discussione le convenzioni tradizionali che fa il suo ingresso, a pieno titolo, tra le mura di un’istituzione vecchia più di duecento anni. Probabilmente una vittoria per i Coen e tutti i drughi sparsi per il mondo.