Incontro a “cuore aperto” con Maurizio Cotrufo, uno dei cardiochirurghi più importanti ed apprezzati del mondo. Nel corso della sua carriera ha realizzato 700 trapianti di cuore ed oltre 40mila interventi a cuore aperto. Ha deciso di raccontare “La meravigliosa storia del trapianto di cuore a Napoli” in un libro che firma con il chirurgo vascolare GianPaolo Porreca ( Tullio Pironti editore). Di questa storia abbiamo sfogliato alcuni capitoli nel corso dell’incontro con Maurizio Cotrufo ad Optima Italia.
Da bambino non sognavo di fare il dottore. Sapevo però bene che volevo alcune cose dalla vita: su tutte essere autonomo ed indipendente. Volevo che le mie mani ed il mio cervello fossero in totale autonomia. Desideravo che il fallimento ed il successo fossero tutti dipendenti da me, senza nessuna scusa e giustificazione. La cardiochirurgia è proprio questo: autonomia.
Per conquistare la sua autonomia, il giovanissimo Maurizio Cotrufo s’imbarca per l’America a bordo di un transatlantico. Perfeziona i suoi studi e rinuncia ad un importante contratto negli Stati Uniti. Ritorna in Italia riportando a Napoli il baule della zia Carolina che aveva portato all’andata con tutti i suoi sogni, vestiti ed oggetti personali. Conquista la cattedra universitaria e lotta per semplificarsi la vita.
In cattedra a 35 anni. Giovane ed ambizioso, non ero per nulla ben visto tra invidie e gelosie. Per due anni sono stato ignorato ed ho sofferto l’assenza di sostegno adeguato al mio progetto di far nascere la cardiochirurgia a Napoli. Non c’erano luoghi e strutture. Per superare questa situazione di stallo sono andato direttamente dal Presidente della Repubblica che telefonò al Rettore il giorno dopo la mia visita. Niente di più semplice. La situazione si sblocca. Nel 1968 nasce la cardiochirurgia a Napoli. Per le sale di degenza dei pazienti abbiamo utilizzato all’inizio le cellette del dormitorio delle suore dell’ex convento che ci ospitava. Abbiamo raggiunto traguardi d’eccellenza internazionale in una città meravigliosa ma anche difficile e complessa come Napoli.
Il primo trapianto di cuore nel 1988, il cuore di un ragazzo spagnolo nel petto di un anziano di Ponticelli quartiere periferico di Napoli. Arriva il successo in Italia ed all’estero. Napoli diventa un punto di riferimento scientifico e terapeutico. Maurizio Cotrufo, classe 1938, oggi è ormai in pensione. Continua però la sua attività di studio, ricerca e divulgazione. Non crede che la tecnologia possa mandare in pensione tutti i suoi attuali colleghi, sostituendo gli uomini con computer e robot ?
Il progresso ci ha permesso di aumentare moltissimo le ore in cui il paziente può sopravvivere senza il cuore. Oggi possiamo aprire il torace, togliere un cuore, partire per Barcellona per prenderne un altro, rientrare in sala operatoria e completare l’intervento. C’è però un momento d’ emozione che coinvolge anche il cardiochirurgo più incallito ed esperto. Concluso l’impianto del cuore si resta in attesa, si spera che riparta. Sono pochi secondi di tensione altissima. Anche il più esperto vive con trepidazione questi attimi tremendi perché non c’è più nulla da fare: se il cuore riparte nel nuovo organismo è andato tutto bene, il paziente è salvo. Se il cuore, e purtroppo qualche maledetta volta capita, non riparte il paziente è spacciato. L’uomo resta il protagonista.
Cosa consiglia, oltre lo studio e la tenacia, ad un giovane che voglia diventare cardiochirurgo?
La cardiochirurgia è una malattia, una follia. Un giovane che voglia fare questa vita e questa professione deve esser un malato, un folle. Deve vivere per questa professione. Il cardiochirurgo si alza alle sei del mattino, entra in sala operatoria felice di fare il suo lavoro e la sera ripensando alla giornata appena trascorsa medita su come far meglio ancora l’indomani. Una malattia, una follia meravigliosa se il giovane non ne è contagiato cambi orientamento. Non sarebbe un buon cardiochirurgo.
per fare il cardiochirurgo giusta affermazione bisogna essere folli e avere il cuore al posto del cervello. lucia c.65
che bello lasciare commenti offensivi dietro l’anonimato. La mamma dei vigliacchi è sempre incinta?
e delle indecenze commesse negli anni a venire con abusi di potere e truffe? si ricorda solo il baule della zia carolina…vergogna!
Grande e semplice e una sincerita´unica.
La cardiochirurgia è una malattia, una follia. Un giovane che voglia fare questa vita e questa professione deve essere contagiato cambi orientamento. Non sarebbe un buon cardiochirurgo. ne un buon infermiere.
Trovo una inesattezza di date .se ricordo bene nel 68 il presidente era Saragat
Condivido l’inesattezza. Leone nel 68 era senatore
Giusto, lapsus calami del redattore e non dell’intervistato che il nome del presidente de quo non lo pronuncia. Grazie per precisazione molto attenta