I dati del Censis sulla debacle universitaria italiana e le riflessioni di Annamaria Rufino

La sociologa della Seconda Università di Napoli individua nella “frammentazione dei saperi” una delle cause di poca affezione degli italiani al nostro sistema universitario e richiama l’Università a farsi nuovamente guida per i nostri giovani.


INTERAZIONI: 8

Un recente studio Censis sullo stato dell’istruzione scolastica in Italia (dall’asilo all’Università) fotografa una situazione scoraggiante in ogni ordine e grado del nostro sistema scolastico, soprattutto al Centro Sud.

In particolare il Censis rileva che tra i 30-34enni, gli italiani laureati sono il 20,3% contro una media europea del 34,6% e l’andamento delle immatricolazioni mostra un significativo calo negli ultimi anni. Non a caso tra il 2007 e il 2011 il numero di studenti italiani iscritti in università straniere è aumentato del 51,2%.

Ma i numeri non spiegano i motivi che conducono molti italiani ad abbandonare l’Università o – addirittura – a scegliere sin dall’inizio l’estero per i propri studi accademici. Risulta allora “illuminante” la chiacchierata fatta qualche tempo fa con AnnaMaria Rufino, insegnante di Sociologia giuridica della devianza e mutamento sociale presso la Seconda Università di Napoli.

La Rufino parla di “somministrazione di saperi frammentati” che impediscono ai ragazzi una connessione di sé con la storia e su cui l’Università ha il dovere di intervenire. La professoressa della SUN ritiene che questo nostro tempo viva una condizione di “media-globalità”, di “rinnovato Medio Evo” e che dunque sia necessario ritornare ad una più piena consapevolezza di sé e degli strumenti che ogni giorno utilizziamo per entrare in connessione con chi ci circonda.

In questo processo di riappropriazione di un “umanesimo del futuro” diventa allora fondamentale il ruolo delle istituzioni scolastiche e, in particolare, di quelle universitarie che hanno il dovere di non abbandonare i giovani una volta arrivati al confine con la maturità. Un abbandono che lei tocca con mano ogni giorno dalla sua cattedra all’Università.

Per la sociologa dobbiamo imparare a riconoscere quelle “derive della globalizzazione” che hanno rimesso in discussione le basi stesse dell’umanesimo, quell’umanesimo di cui siamo tutti figli. La riflessione della Rufino prende spunto da un suo testo di recente pubblicazione – il saggio “Conosci te stesso”, pubblicato anche in Francia – e pone al centro della discussione l’importanza della comunicazione, o meglio, l’importanza del ritrovare la comunicazione “face to face”.

Ovvero un tipo di comunicazione basata sulla complessità. Dove complessità è sinonimo di ricchezza: ricchezza di argomenti, di saperi, di sguardi. Una complessità che distingue l’essere umano da qualsiasi altra forma vivente e che – nella visione della sociologa – rischia di essere depauperata dalla pseudo-semplicità della comunicazione on-line e dei social network in particolare.

Quello della Rufino ai social network, però, non è un attacco manicheo dato che della comunicazione on-line non si può e non di deve fare a meno, ma una critica attenta e partecipe al modo in cui determinati strumenti vengono utilizzati. Del resto – e si ritorna all’assunto di partenza, cioè all’importanza della comunicazione diretta – è proprio nei social network che manca questa rete di connessione con la memoria di se stessi e degli altri.

Una memoria necessaria se vogliamo progettare il nostro futuro. Questo è il nodo critico, secondo Annamaria Rufino: il mono dell’on-line ha creato una distanza tra ciò che noi sentiamo e ciò “pensiamo” di vivere sulla nostra pelle attraverso la rete.

Allora la parola chiave di questa riflessione è la parola “virtuale”. Una parola sul cui significato, oggi pochi si interrogano nonostante ognuno di noi sia catapultato quotidianamente in tante dimensioni slegate dalla realtà in cui viviamo. Ci dice la Rufino “dobbiamo recuperare la memoria della nostra esistenza”, dobbiamo ritrovare le nostre capacità di pensare e di riannodare i legami sociali, le connessioni coscienti con gli altri. La comprensione del passato permetterebbe di dominare il presente e di sviluppare progetti per il futuro.