Le meraviglie, il Festival di Cannes premia per la prima volta una regista italiana

Alice Rohrwacher, 33 anni, ha conquistato il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes con il suo film Le meraviglie


INTERAZIONI: 7

Che meraviglia. Una giovane regista italiana dall’indiscutibile talento che al suo secondo film riceve il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes (il secondo in ordine di importanza della manifestazione), non può essere che una vera e propria meraviglia.

Nel senso di bellezza però e non di stupore perchè in realtà la Rohrwacher un premio alla kermesse francese lo aveva ricevuto anche con il suo film d’esordio. Era il 2011 e con Corpo Celeste ricevette il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. Questo premio, anzi questa conferma ha però un sapore ancora più dolce, anche perchè è la prima volta che una regista italiana conquista un premio del genere al Festival di Cannes.

Alice è stata premiata da una Sophia Loren, che evidentemente ci porta parecchio bene, emozionata anche per il ricordo di Marcello Mastroianni.

Le Meraviglie è piaciuto ed ha anche commosso nella sua costruzione genuina. È apparso, forse, quasi un involontario ritratto della semplicità, che stride contro il clamore di tutto ciò che è moderno, che è città, che è progresso; insomma tutto ciò che dovrebbe essere migliore, ma a volte, per fortuna non lo è. Il film è in parte autobiografico, e narra di una famiglia di apicoltori, con un padre di origini tedesche, poco incline al dialogo. La casa stessa dove abita la famiglia, sembra essere un riparo dal resto del mondo, con la sua isolata autosufficienza, ma sullo sfondo di questo contesto cominciano a districarsi umori ed illusioni delle figlie che cominciano a crescere. Piccole donne che cominciano ad assaporare realtà diverse, soprattutto quando vengono folgorate dalla visione della fata Milly Catena (una splendida e surreale Monica Bellucci), conduttrice di un concorso televisivo a premi, che sembra voler donare quella dolcezza che il tormentato rapporto con un padre burbero e non molto sereno, non riesce a dare.
La colonna sonora ci restituisce T’appartengo, hit degli anni 90 di Ambra Angiolini, a fotografare uno sfondo immaginato dalle ragazzine, presagio di un’adolescenza inquieta.

Questo film a tratti può apparire come un inno alle origini rupestri, un ritorno auspicato alla semplicità quello dei protagonisti adulti, che però stride con le necessità delle ragazze che cominciano ad affacciarsi alle novità, al moderno e, di conseguenza, anche al superfluo. La scelta di uno o dell’altro caso, comporta comunque la perdita di un po’ di magia. Ed è forse un messaggio opposto a quello che lascia alla fine il film nella sua completezza; perché ad ogni modo ci resta pur sempre la magia di un film giovane e fatto bene.
Probabilmente perché, come la finzione che attrae le ragazzine, la finzione del grande schermo è l’unico incantesimo che ci lascia senza amarezze.