Nuova offensiva hacker, eBay sotto attacco

La Parola a Marco Cavaliere, studente Optima Erasmus a Barcellona


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EBay Inc. ha ammesso solo ieri che un attacco hacker avvenuto tre mesi fa ha “seriamente compromesso la privacy dei suoi utenti” e ha chiesto ai suoi 145 milioni di iscritti di cambiare al più presto le loro password. Tra i dati rubati dagli hackers indirizzi email, password criptate, date di nascita, indirizzi postali. Tuttavia una portavoce di Ebay, Amanda Miller ha smentito categoricamente che le informazioni finanziarie degli utenti, gestite da PayPal, che archivia i suoi dati separatamente, siano state compromesse. Il titolo in borsa, dopo una serie di cali negli ultimi mesi, ha ulteriormente perso ieri l’1.3% sulla borsa di New York.
Gli esperti in sicurezza informatica hano avvisato i clienti eBay di restare vigili su possibili frodi, specialmente se utilizzano la stessa password per altri account. Una volta che le password sono state decriptate, basta poco infatti per accedere ad altri servizi bancari o di social network.
Amanda Miller tuttavia afferma che la richiesta della società è estremamente cautelativa e che la tecnologia di eBay è sufficientemente sofisticata per proteggere la password. Tuttavia Amit Yoran, vice presidente della divisione sicurezza della EMC Corporation ha affermato che il mondo del cybercrimine sta raggiungendo livelli di sofisticatezza tali che i casi di frode finanziaria diventeranno in futuro sempre più comuni.
Abbiamo chiesto il parere di Marco Cavaliere, studente Optima Erasmus a Barcellona.

Ora che questi cyber attacchi si stanno facendo sempre più aggressivi pensi che in futuro i nostri dati sensibili saranno sempre più esposti? Come fare per proteggersi?

Ho avuto modo di seguire un paio di corsi, all’università, sulla sicurezza delle informazioni in rete. Purtroppo la materia, da quel che ho capito, è molto delicata. Sebbene la posta elettronica certificata e le altre misure di sicurezza sembrino dare una certa garanzia su una parte delle informazioni che lanciamo nel web, credo che il problema si basi sul fatto che una grande quantità di informazioni condivise siano da noi volontariamente (e inconsapevolmente) troppo esposte ad attacchi ed utilizzo altrui.
Mi viene in mente il mondo dei social, della condivisione sfrenata. Credo dovremmo prestare tutti molta più attenzione, soprattutto nell’utilizzo di dati sensibili. Sarebbe un ottimo punto di partenza per proteggere se stessi.

Quali sono le motivazioni alla base degli attacchi degli hacker? Cosa ci guadagnano concretamente?

È una domanda che mi sono sempre posto anche io. Ho parlato una volta con uno di loro, un amico tedesco esperto di informatica e “appassionato” di hackeraggio. Mi ha detto che per lui, per esempio, spesso lo stimolo si nascondeva nella soddisfazione di bucare. Di passare porte chiuse, di accedere a posti non accessibili. Un po’ come un gioco, un modo come un altro di superare un “livello”, se vogliamo. Credo che una parte di loro tenti seriamente di muovere le azioni sul piano della “criminalità virtuale”, nel tentativo di creare un portfolio di dati utilizzabili, vendibili, o addirittura sufficienti a rubare direttamente qualcosa di valore, come i dati di pagamento.
Ma sinceramente, nel vedere il vasto mondo dei virus e delle “malattie digitali” create da molti hacker, non riesco proprio a trovare il senso logico o l’utilità finale, se non quella di fare danno agli altri.

Ritieni che la nostra cerescente dipendenza da smartphone, tablet, e altri gadget tecnologici. Sia positiva? La noti anche in Spagna?

In Grecia, subito dopo essere atterrato e abbracciato i miei amici, ho fatto loro due domande:
1) ma la wireless a casa ce l’abbiamo?
2) dove si mangia?
Poi in auto ci ho pensato, rabbrividendo nella consapevolezza di aver posto il bisogno di una wifi prima dell’esigenza di mangiare. Non l’ho detto a loro, forse neanche lo hanno notato, forse anche per loro la sequenza di domande era logica. Perché avere una wifi ormai è più importante che mangiare, quando vado in un locale, prima di guardare il menu, accendo lo smartphone per vedere se hanno la wifi libera.
Questa cosa mi devasta, è un pensiero che quasi non mi fa dormire la notte. È diventata davvero una dipendenza.
Qui a Barcellona ho notato un livello di intossicazione tanto alto quanto in Italia, anzi a volte superiore, essendo una città molto internazionale e piena di americani e asiatici, a mio avviso i massimi esponenti della “febbre da smartphone”. È anche vero che la maggiore disponibilità di connessioni e di infrastrutture telecomunicative, in una città come Barcellona, offra maggiore spunto alla navigazione eccessiva. Wireless dappertutto, abbonamenti molto più vantaggiosi che in Italia, dal punto di vista del traffico dati (io con la Vodafone ho praticamente internet illimitato), sono tutti fattori che favoriscono la dipendenza.
Dire che la dipendenza da tecnologia sia positiva credo sia un eufemismo, a me spaventa moltissimo l’idea del dipendere dalle macchine, e non ci stiamo rendendo conto che lo siamo già diventati, proprio mentre ne parliamo qui. Sto scrivendo dal mio pc, collegato alla mia wireless, controllando la mia posta sullo smartphone con Spotify nelle cuffie.
Sta diventando troppo rapidamente altro, sta cambiando forma, passa da risorsa utilissima ad esigenza sciocca, da strumento di miglioramento della vita ad arma di distruzione della stessa.
Mi è capitato più volte, su OptimaErasmus, di pubblicare contenuti riguardanti questo argomento. Einstein diceva “Temo il giorno in cui la tecnologia andrà oltre la nostra umanità: il mondo sarà popolato allora da una generazione di idioti.” Temo che quel giorno sia arrivato.
Una cosa, però, continuo a concedermela, e credo che un po’ tutti dovremmo riscoprirne il piacere: spegnere tutto, prendere in mano un libro e andare nel parco, a leggere sotto l’ombra di un albero. L’albero non sarà wireless, il libro non sarà collegato a Whatsapp, ma forse la felicità e la serenità che ne verranno fuori saranno sicuramente molto meno virtuali.

Nel frattempo i commenti online degli utenti sono furiosi e in molti considerano inaccettabile che una società importante come eBay abbia omesso di informare i propri clienti con tanto ritardo. Amanda Miller respinge le critiche ma ammette che eBay al momento non ha alcuna idea al momento sull’identità dei responsabili.