Dal piacere all’orrore: Il gioco di Gerald di Stephen King diventerà un film

Il regista sarà Mike Flanagan, affiancato dal suo collaboratore Jeff Howard


INTERAZIONI: 7

Ci risiamo, Stephen il Re, ritorna. E detto così ci sarebbe ben poco da aggiungere. Si perché se escludiamo qualche tentativo maldestro di adattamento, quando da un libro di Stephen King, viene tratto un film, il risultato sarebbe quasi d’obbligo volto alla buona riuscita, se non all’eccellenza, come in alcuni casi (leggasi Shining, Il miglio verde, etc.)

In questo caso stiamo parlando de Il gioco di Gerald romanzo del 1992, dove King vira un po’ da quello che è il suo filone più acclamato dell’orrore puro, andando ad esplorare i giochi perfidi di una mente ottenebrata, ai confini della follia. In atmosfere sottilmente surreali, ne Il gioco di Gerald la protagonista viene ammanettata al letto dal marito per un gioco erotico, ma quando lo stesso compagno di giochi peccaminosi muore improvvisamente, si ritrova per un amaro scherzo del destino, prigioniera in una casa isolata, a difendersi da se stessa. Sarà una sorta di introspezione psicologica, a tratti malvagia e persecutoria che diventerà il leit motiv dell’intera narrazione.

In una vecchia prefazione Stephen King scriveva che

La paura è lo stato d’animo che ci acceca. Della paura ne captiamo la forma. Tutte le nostre paure assommano ad una sola, grande paura, fanno tutte parte di quell’unica paura: un braccio, una gamba, un dito, un orecchio. Abbiamo paura del cadavere sotto il lenzuolo. È il nostro cadavere…

Il gioco di Gerald a quanto pare sarà diretto da Mike Flanagan regista del discreto Oculus , che si occuperà della sceneggiatura in collaborazione con il suo collaboratore Jeff Howard.  E allora sul grande schermo Il gioco di Gerald porterà non solo la paura dell’orrore puro, quella tipica della finzione, dell’irreale. Fremiamo all’idea che il Re possa giocare abilmente con la nostra psiche, abile e plasmabile materia inerte innanzi al potere delle sue narrative, e possa modellarla in una forma solo apparentemente astratta: sarà la forma della nostra infanzia, delle nostre angosce e delle nostre coscienze. Sarà la forma della solitudine; come la solitudine della protagonista che passa da attimi di pura gioia ad un’eternità di solitudine angosciante di fronte al nemico più temibile e più orrendo che potesse mai prospettarsi. Ditemi voi, la paura, quando vi assale, non vi fa sentire soli?