Il terzo tempo, recensione


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Il terzo tempo, recensione
Il terzo tempo, recensione

Il terzo tempo è il film che segna il debutto sul grande schermo di Enrico Maria Artale, regista non ancora trentenne che si è guadagnato la sua occasione sul campo. Nel vero senso della parola visto che l’ingaggio per la regia di questo film è arrivato successivamente al suo documentario su L’AquilaRugby, squadra italiana ad aver vinto il maggior numero di campionati nel nostro paese.

Un’occasione che Artale sfrutta realizzando una partita ben arbitrata ma dal risultato scontato. I bookmaker probabilmente non l’avrebbero quotata tanto per restare nel campo delle metafore. Sebbene infatti sia interessante, e di buon auspicio, lo stile con cui il giovane regista utilizza la telecamera, lo svolgimento della storia si intuisce, o meglio si prevede con buon anticipo, e la sensazione non è quella di essere detective ma vittime.

Così come vittima sembra esserlo Lorenzo Richelmy, che dimostra una certa bravura rinchiusa però tra stereotipi e frasi fatte. Il terzo tempo vede dunque nell’aspetto sportivo il suo miglior risultato, con delle sequenze di gioco molto interessanti e a volte anche coinvolgenti, mentre lo è molto meno il racconto della storia del suo protagonista, Samuel che troverà nel rugby, lo sport per comprendere e decifrare una vita caratterizzata da abbandoni, violenza ed egoismo. Una storia a cui non giova la presenza di due attori come Stefania Rocca il cui apporto è insolitamente poco efficace, e Stefano Cassetti che non riesce a dare la giusta credibilità al suo personaggio.

Il terzo tempo arriva nelle nostre sale oggi 21 novembre. Il trailer lo trovate qui.