Venere in pelliccia, recensione


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Venere in pelliccia, recensione
Venere in pelliccia, recensione

Venere in pelliccia è il nuovo film di Roman Polanski. Il regista polacco naturalizzato francese premio Oscar nel 2003 per Il pianista, due anni fa ci aveva già colpito con Carnage, film basato sull’opera teatrale Il dio del massacro, tutto ambientato in un appartamento con soli quattro protagonisti, ma con Venere in pelliccia va ancora oltre, asciugandosi nello stile e nella trama.

Venere in pelliccia, ispirato dall’omonimo romanzo erotico dell’austriaco Leopold von Sacher-Masoch, è infatti incentrato su soli due personaggi. Ambientato totalmente in teatro, l’analogia con la sua dimensione da piece teatrale sembrerebbe evidente, ma non è così. Venere in pelliccia resta un film a tutti gli effetti, malizioso e brillante proprio come lo ha definito Variety.

Polanski torna a collaborare con la moglie Emmanuelle Seigner dopo il connubio non proprio felice de La nona porta e questa volta è un successo, i quattordici anni di pausa e riflessione devono essere serviti. Immersi in una fotografia da nomination all’Oscar, a rendere reali i personaggi sullo schermo ci pensano dunque una Seigner, che ci regala qui probabilmente la sua migliore interpretazione, e un Mathieu Amalric perfettamente in sintonia con il suo personaggio. D’altra parte se non fosse stato così il film avrebbe avuto poche speranze di risultare piacevole.

Venere in pelliccia racconta la storia di un regista teatrale alla ricerca della protagonista del suo spettacolo, che deluso e sfiduciato da una serie di provini andati male, trova invece nell’ultima arrivata l’attrice perfetta. E non solo. Venere in pelliccia arriva nelle nostre sale giovedì 14 novembre. Il trailer lo trovate qui.