Semplicemente parliamone: Diana Lama

Scrittrice


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Il suo viene considerato il “giallo dell’estate” e lei una delle nuove signore del noir.

Diana Lama – cardio-chirurgo napoletano che ha deposto i bisturi per la ricerca scientifica – con il suo quarto romanzo “L’anatomista” (Newton&Compton edizioni) uscito il 6 giugno – sembra proprio aver colpito nel centro se le 50mila copie stampate sono già agli sgoccioli.

Un romanzo per cui si sono scomodati paragoni importanti – Thomas Harris del “Silenzio degli Innocenti”, Patricia Cornwell con la sua Kay Scarpetta – e per i quali Diana, ci dice, si sente lusingata dato che ad autori come Harris ha sempre pensato come maestri inarrivabili. Ma è contenta perché dietro il suo Anatomista c’è tanto lavoro, tanta ricerca: più di un anno di lavoro per quasi 500 pagine. Un blocco di marmo – ci spiega – che ha sgrossato, semplificato perché arrivasse subito al lettore, lo avvincesse fino all’ultima pagina. Il segreto della sua scrittura? Il ritmo, ci spiega, la capacità di dosare suspence, thriller, paura fino a dove il lettore può arrivare.

In questo libro c’è la sua passione per il genere giallo in quanto tale (si definisce prima di tutto, infatti, una lettrice di Gialli) ma anche per l’altro suo grande amore – la medicina – e non a caso Diana possiede una collezione di testi antichi e rari di anatomia. E poi questo libro è importante – per la Lama – perché vi mette a nudo il suo amore/odio per Napoli, la sua città che per la prima volta compare in un suo scritto. E’ sul suo sfondo che si muovono le vicende dell’Anatomista e di Artemisia Gentile, la psicologa che aiuta la polizia nella ricerca di questo efferato serial killer. Città impossibile da non riconoscere nelle descrizioni ma mai citata esplicitamente. Una sorta di pudore, di ritrosia “perché Napoli è tanta” ci dice Diana.