Rispettiamo il cadavere di Priebke: teniamo viva la memoria dell’orrore


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Pribke
Pribke

Dei suoi delitti ha risposto alla Giustizia umana, dei suoi Peccati risponderà a quella di Dio ma Priebke meritava di esser dignitosamente sepolto come tutti gli esseri umani. Sono disgustato dalla rabbia oscena contro un cadavere e condanno tutti coloro –anche con responsabilità istituzionali ed ecclesiali – che han permesso tutto questo accadesse. I funerali potevano esser svolti in forma riservatissima come la sepoltura senza tanto squallido trambusto mediatico ed ideologico.

Non mi piacciono le classificazioni ideologiche tra chi sia più criminale, né ritengo che la morte cancelli le efferatezze compiute in vita. Ma un cadavere è un cadavere ed ha diritto al composto rispetto dei sopravvissuti fosse pure quello del peggior criminale, fosse pure quello del Boia delle Fosse Ardeatine.Antigone – duemilacinquento anni orsono – non esitò a sfidare le convenienze sociali e lo stesso editto legislativo del fratello per spargere la polvere della pietà sull’altro suo congiunto perito.

Esiste una pietas intrinseca alla dignità umana che non può esser scalfita dall’odio e dal rancore né può esser strumentalizzata da ignoranti negazionismi o dal desiderio di un’oscena ribalta mediatica. Sepolto il cadavere resta a tutti noi il dovere della memoria. Sepolto il boia si vada tutti in pellegrinaggio fisico e spirituale alle Fosse Ardeatine portando figli e nipoti. Si vada nei campi di concentramento e nei sacrari militari. Si vada in ogni luogo dove la follia di un tiranno e l’ambizione di un despota hanno falcidiato una vita innocente. E troviamo due minuti per rileggere e meditare la testimonianza di Primo Levi sopravvissuto ai campi di concentramento.

Se questo è un uomo
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.