Boss latitante della ‘ndrangheta si costituisce


INTERAZIONI: 18
boss 'ndrangheta
Giuseppe Pesce

Era stanco di doversi nascondere. Di una vita tra cunicoli e nascondigli segreti senza mai poter vedere la luce del sole. La stessa vita che tocca a tutti i boss mafiosi braccati dallo Stato. Così questa mattina, Giuseppe Pesce, reggente dell’omonima e tra le più potenti ‘ndrine calabresi, si è costituito presentandosi ai carabinieri di Rosarno. Il 33enne si è presentato in caserma accompagnato dai suoi legali, Gregorio Cacciola e Benito Infantino, ai quali ha manifestato la sua volontà di porre fine alla latitanza. «Sono stanco di scappare, meglio finirla qui» ha detto il boss che si è consegnato ai militari calabresi.

Pesce era già stato condannato a sedici anni per associazione mafiosa. Era latitante da tre anni ed è stato subito trasferito nel carcere di massima sicurezza di Palmi. Si tratta dell’ennesimo duro colpo subito da una delle più importanti famiglie mafiose calabresi. Già nei mesi passati diverse operazioni e i successivi processi avevano messo la ‘ndrina con le spalle al muro. Proprio lo scorso 3 maggio, dopo una camera di consiglio durata diciassette giorni, il tribunale di Palmi aveva condannato a pene durissime, anche ventotto anni di carcere, quarantadue esponenti della cosca Pesce.

I vari processi alla cosca di Rosarno sono stati istruiti anche grazie al pentimento di Giuseppina Pesce, membro della famiglia che con la sua collaborazione ne ha svelato traffici e segreti. Giuseppe Pesce è attualmente a giudizio, sempre dinanzi allo stesso tribunale calabrese, in un altro procedimento in cui è accusato di essere il reggente dell’omonima cosca. Un’investitura arrivata dal carcere da parte del fratello Francesco. In un pizzino, gli inquirenti hanno trovato il passaggio di consegne. Ruolo che gli investigatori ritengono abbia adempito durante tutta la latitanza e a cui non ha più retto costituendosi.