Strage di via d’Amelio, la verità in aula dopo 21 anni


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Borsellino

Continua il processo per la strage di mafia di via d’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. L’istruttoria dinanzi alla Corte d’Assise di Caltanissetta sta rivelando numerose contraddizioni tra la versione ufficiale rilasciata dalle autorità all’epoca e le testimonianze rese in aula dai testimoni oculari.

 

 

A deporre davanti ai giudici siciliani sono stati infatti l’ex caposcorta del collega di Borsellino, Giuseppe Ayala, e il caposquadra dei Vigili del Fuoco. Accorsi entrambi sul posto successivamente all’attentato entrambi hanno dato versioni parzialmente diverse rispetto a quella fornita dallo stesso magistrato e collega di Borsellino e dall’allora capitano dei carabinieri Giovanni Arcagnoli. Il primo, Rosario Farinella ha raccontato un dettaglio fondamentale riguardo la borsa del giudice da cui è sparita la sua agenda rossa dove appuntava ogni dettaglio riguardo incontri e inchieste.

 

Il caposcorta ha infatti raccontato di aver preso lui la borsa del magistrato e di averla tenuta con sé fino a quando il giudice Ayala non gli disse di consegnarla ad un uomo che lo stesso Ayala lo rassicurò essere un ufficiale dell’Arma nonostante non avesse esibito distintivi e fosse in borghese. Il secondo, invece, Giovanni Farina ha raccontato di aver lui stesso rotto il vetro della portiera dell’auto con una mazza visto che era impossibile avvicinarsi essendo diventato tutto incandescente e pieno di fumo.

 

Dure a riguardo le parole del fratello di Borsellino, Salvatore che ha commentato l’udienza dicendo di aver ascoltato «solo in aula dopo ventun anni la verità sulla strage – e ha poi aggiunto – sembra che quest’ultimi, Ayala e Artignoli, siano stati in un posto diverso ed abbiano visto delle cose diverse o che non vogliano o non possano dire come realmente si sono svolti i fatti».