No al testamento biologico! Eutanasia, sconfitta per la speranza e la ricerca


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“Ilaria, non staccare la presa. Non staccare niente. Non toccare nulla, mi raccomando”. E’ il mio testamento biologico. Ho cominciato, scherzando, ad esternarlo a mia figlia maggiorenne guardando la televisione. Andava in onda uno dei tanti dibattiti su eutanasia, testamento biologico e dintorni. Ho esclamato il mio parere, non senza fare i dovuti scongiuri; ma dopo la risata la discussione familiare si è fatta seria, molto seria.

 

Certamente più seria di quella che avviene in certi salotti mediatici dove vallette, letterine, ex calciatori, politici da Bagaglino e scienziati catodici pretendono di dissertare indifferentemente su tutto lo scibile: dall’ultimo fidanzato di Manuela Arcuri al rapporto tra scienza ed etica, dal nuovo modello di telefonino alla crisi della famiglia.

 

La confusione è grande sotto il cielo, ma con una tendenza preoccupante. La presunta, discutibile, inaccettabile pretesa che la legge debba fissare i confini della vita e della morte, della salute e della malattia, del diritto e del dovere d’indicare in un “testamento biologico” come procedere nei riguardi del proprio corpo in caso di malattia gravissima. Ed il Parlamento aveva anche cominciato ad occuparsi della questione immaginando di poter legiferare sul termine estremo della vita, immaginando di poter indicare casi clinici e situazioni nelle quali staccare la spina lasciando morire il povero infermo, immaginando di poter codificare procedure per la manifestazione del consenso a sospendere le cure da parte dell’interessato o dei suoi familiari.

 

L’ho detto ai miei  familiari nel tinello domestico e voglio ribadirlo pubblicamente: non staccare la presa, non staccare niente! Ogni palpito di vita merita di esser vissuta, ogni attimo sarà compreso nella pienezza finale, ogni lacrima ed ogni sorriso hanno un senso personale e collettivo. Queste sono le ragioni spirituali ed etiche del mio convincimento personale, ma sono profondamente convinto altresì che il testamento biologico non possa esser introdotto nell’ordinamento giuridico e scientifico umano anche per ragioni di ordine sociale e scientifico.

 

Il testamento biologico è aberrante per la medicina (che cura le persone) e per la ricerca (che studia le malattie ed i rimedi). Io temo molto la sofferenza. Tutti desiderano vivere in piena salute e si augurano di giungere sani e sereni, con la grazia di Dio, al momento del commiato. Il dovere dei medici e degli scienziati è quello di assistere la nostra salute nei giorni che il Signore ci ha concesso di vivere. Il testamento biologico stroncherebbe senza rimedio questo sacro legame tra l’attività medico-scientifica, la persona umana, la volontà di Dio.

Provo a spiegarmi con l’esempio. Sopraggiunge una grave malattia invalidante, il medico sfoglia la cartella clinica e verifica il testamento biologico. Se il malato ha “manifestato il diritto” di far cessare le cure, il medico stacca la spina, interrompendo i trattamenti sanitari, e provoca la morte (o meglio, uccide, come nel drammatico caso di P. Welby?) il paziente. La legge in sostanza autorizzerebbe il medico a lavarsene le mani, lasciando al cadavere del paziente abbandonato l’illusione di aver scelto. Ma scelto cosa? Ma il medico non è vocato a far tutto quanto, in scienza e coscienza, sia utile alla salute del malato? E la ricerca? Che futuro avrebbe, in presenza della possibilità di sospendere le cure tramite il testamento biologico, la stessa ricerca scientifica sulle malattie più gravi.

 

Chi investirebbe risorse nella ricerca per la cura di malattie gravissime in un contesto sociale nel quale il testamento biologico autorizzerebbe a staccare la spina in presenza proprio di quelle gravissime malattie da investigare e debellare? Quale scienziato può escludere che anche quando il malato è ridotto, in apparenza, ad una larva vegetale non abbia un mondo di emozioni, conoscenza che non riusciamo a comprendere ma è altrettanto importante di quello di una persona sana? O forse hanno diritto a vivere, lo sostenevano anche criminali nazisti che uccidevano gli handicappati e gli storpi, soltanto i sani, i belli, i forti?

 

Il testamento biologico è pertanto una mortificante sconfitta per la ragione e la solidarietà umana, per il progresso della scienza e la salvaguardia della vita.  Stupisce che tra i suoi sostenitori vi sia uno scienziato come Umberto Veronesi che tanto ha contribuito al progresso della medicina ed alla cura dei malati. Da un uomo del suo valore, e dalla sua benemerita Fondazione, mi aspetterei una battaglia politica e scientifica non per “ l’inumano diritto a staccare la spina” ma piuttosto perché vengano aumentati i fondi pubblici e privati: per la ricerca sull’origine e la cura della malattia, per il trattamento del dolore, per migliorare il rapporto umano tra medico e paziente.