La vetrina era umile. Era quella di un ciabattino, il signor Nicola che aggiusta suole e tacchi in un quartiere popoloso. Non vedevo qualcuno aggiustare le scarpe da anni. Avevo quasi scordato il banchetto pieno di chiodi e pezzi di cuoio, il ritmico pulsare del martello, gli abili colpi con la lama tagliante, il profumo acre della colla e della cromatina con la quale l’artigiano lucida le scarpe riparate prima di restituirle al cliente.
Una scena da piccolo mondo antico nella quale mi sono immerso con piacere. Temevo – nella post moderna società dell’usa e getta – che i calzolai si fossero estinti per la convinzione diffusa di non poter riparare una scarpa lesionata. Il signor Nicola, novello panda, è un sopravvissuto e meriterebbe la tutela dell’Unesco come i paesaggi della Costiera Amalfitana. Ci siamo messi a chiacchierare, come nel mondo antico in cui ogni bottega di sarto o barbiere diventava un salotto, dei nipoti laureati, degli acciacchi dell’età, della crisi economica.
Una crisi che morde i bilanci familiari e gli sta portando nuovi clienti non solo tra gli extracomunitari, ma anche tra impiegati ed operai a stipendio fisso. Chi prima buttava le scarpe, adesso porta a ripararle. E qualche volta – Nicola mi mostra uno scaffale pieno di scarpe aggiustate e pronte per la consegna – non vengono a ritirarle perché non hanno i soldi per pagare i nuovi tacchi o la cucitura. Aveva proprio ragione mio nonno Gennaro “Per ogni ufficio, un paio di scarpe” perché una calzatura dice di una persona più della carta d’identità.
E voi quali altri mestieri in via d’estinzione conoscete? Parliamone .