Ilva Taranto. Morire di Lavoro o morire senza lavoro


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La vicenda di Taranto mi ha sconvolto. Il ricatto tra morire di lavoro o morire senza lavoro è infame, indegno di un paese civile e moderno. Non possono esserci alternative tra stipendio e salute. Sono due diritti che la Costituzione Italiana riconosce e tutela.

Sarebbe molto utile che, in queste ore drammatiche per il capoluogo pugliese, tutti i responsabili recuperassero l’uso della ragione praticassero il diritto. Perché i dirigenti dell’Ilva hanno permesso che per anni le lavorazioni avvenissero con modalità tanto pericolose? Perché gli organi di controllo hanno fatto finta di non vedere per decenni? Perché i politici hanno continuato a far assumere lavoratori in cambio di voti? Perché il sindacato ha tollerato la morte di tanti operai?

E’ la stessa storia del Petrolchimico di Marghera o della Tyssen e di tanti mostri industriali che hanno distrutto l’ambiente e la dignità. Non ci sono scorciatoie praticabili. Gli impianti debbono funzionare, ma in modo sicuro e salubre. Senza ricatti, senza   subdoli tentativi di scaricare sui poveri dannati dell’altoforno le conseguenze drammatiche di inadempienze che sono ben più altolocate.

Ognuno faccia fino in fondo il suo dovere, nel rispetto della legge e dei diritti umani. Nessuno si tiri indietro elaborando una strategia precisa che consente la definitiva bonifica e messa in sicurezza dell’impianto nel quale – giova ricordarlo – sono stati riversati fiumi di denaro pubblico.

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