29 anni fa usciva Vitalogy dei Pearl Jam, quando Eddie Vedder aveva paura del mercato

Il 22 novembre 1994 usciva Vitalogy, il terzo album dei Pearl Jam. Ecco tutta la storia

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Vitalogy dei Pearl Jam usciva il 22 novembre 1994 e rischiò di portare la band al collasso. Il produttore Brendan O’ Brien si ritrovò di fronte a un progetto venuto fuori in tutta la sua forza con i primi due album Ten (1991) e Vs (1993), ma che ora doveva muoversi senza soluzione di ritorno nel mondo del mainstream.

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Il mondo aveva appena perso Kurt Cobain, trovato cadavere nella sua villetta di Seattle nell’aprile dello stesso anno, e il grunge certamente non era lo stesso della fine degli anni ’80. I pezzi venivano passati in radio, il mercato mostrava gli album grunge nelle classifiche mondiali e questo disorientava i diretti interessati. Mentre il batterista Dave Abbruzzese sembrava godere di quel successo fluviale, Eddie Vedder temeva sempre di più che i Pearl Jam fossero destinati a diventare una boyband al servizio del mainstream. Così cambiò drasticamente il suo approccio con la musica: imbracciava la chitarra, stravolgeva le proposte del chitarrista Stone Gossard, puntava all’essenzialità dei brani senza per forza ricorrere a tamarissimi assoli che piacevano soltanto ai cultori del tecnicismo. Il risultato?

L’intero impianto preparatorio di Vitalogy dei Pearl Jam spaventava gli stessi Pearl Jam, che si ritrovarono a lanciare un album nuovo in cui Eddie Vedder vomitava contro il mercato in Corduroy, metteva a nudo le sue fragilità in Tremor Christ e tutta la sua rabbia in Last Exit. Inevitabilmente, in Vitalogy c’era anche spazio per la ballatona à la Pearl Jam: si trattò di Immortality, che molti consideravano una dedica a Kurt Cobain. Vedder negò tale associazione, ma lasciò anche i fan liberi di interpretare.

In un primo momento il disco si sarebbe dovuto chiamare Life, ma la band cambiò repentinamente il titolo dopo che Eddie Vedder si ritrovò tra le mani un libretto medico del 1899. Turbolento, inquieto e discontinuo forse, Vitalogy vendette 900 mila copie, numeri tutt’altro che preoccupanti, numeri che scaldarono il cuore di tutti.

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